venerdì 12 settembre 2008

RELAZIONE DELLA COMMISSIONE DI INDAGINE SULLA QUALITA’ DELL’ASSISTENZA PRESTATA DAL SERVIZIO SANITARIO DELLA REGIONE CALABRIA - STRALCIO

(Commissione Riccio - Serra)
Roma, 14 aprile 2008
1. PREMESSA E ASPETTI METODOLOGICI
Con Decreto del Ministro della Salute del 21 dicembre 2007 è stata istituita la Commissione incaricata di svolgere una indagine conoscitiva finalizzata a verificare la qualità dell’assistenza prestata dal servizio sanitario della Regione Calabria, nonché l’effettiva garanzia dell’erogazione, secondo criteri di efficienza ed appropriatezza, dei livelli essenziali di assistenza.
Tale decreto affida alla Commissione anche il compito di formulare proposte di interventi volti ad assicurare che il servizio sanitario della Regione Calabria sia posto in grado di garantire adeguati livelli di assistenza sanitaria.
L’istituzione di tale Commissione consegue alla dichiarazione dello stato di emergenza socio-economico-sanitaria nel territorio della Regione Calabria (di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri datato 11 dicembre 2007), nelle cui motivazioni vanno rinvenute le ragioni che hanno portato alla istituzione di detta Commissione.
In particolare, la dichiarazione dello stato d’emergenza, stabilita fino al 31 dicembre 2009, è stata adottata in relazione alla nota del Presidente della Regione Calabria datata 10 dicembre 2007, in cui si evidenziano le condizioni di debolezza del sistema sanitario regionale, come peraltro anche testimoniata da fatti luttuosi che hanno destato allarme nell’opinione pubblica, con conseguente autorizzazione – ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 2, comma 1, lett. c) e 5, comma 1, della legge n. 225 del 1992 - all’utilizzo di mezzi e poteri straordinari per il superamento della situazione di criticità al fine di assicurare la realizzazione degli interventi necessari.
Avuto riguardo ai profili metodologici, la Commissione ha proceduto alla acquisizione di ogni elemento di informazione e di valutazione utile ai fini dell’espletamento dei compiti alla stessa affidati, svolgendo altresì accertamenti diretti nelle strutture sanitarie pubbliche ed in quelle private che erogano assistenza sanitaria per conto o a carico del SSN, effettuando una serie di audizioni ed acquisendo la documentazione necessaria.
Le ispezioni condotte sulle strutture ospedaliere, a fronte della evidente impossibilità per la Commissione di procedere, con carattere di esaustività, ad una verifica puntuale ed approfondita estesa a tutte le strutture esistenti, sono state selezionate ed individuate sia sulla base di segnalazioni e notizie (ivi comprese quelle contenute nei rapporti dei NAS), sia in base ad un criterio di tipo territoriale volto ad assicurare, attraverso una equa distribuzione sul territorio regionale delle svolte ispezioni, un quadro adeguatamente rappresentativo sulla cui base poter ricostruire la complessiva situazione della sanità regionale.
All’interno delle singole strutture sanitarie oggetto di ispezione – nelle ipotesi in cui le dimensioni delle stesse non consentivano lo svolgimento delle verifiche con carattere di completezza - sono stati ulteriormente selezionati reparti e settori cui l’attenzione della commissione è stata indirizzata. Tale selezione è avvenuta sulla base della scelta di rivolgere l’attenzione, innanzitutto e in ogni caso, alle funzioni fondamentali dell’assistenza sanitaria (vedi resoconti delle visite in allegato).
Sono stati, inoltre, ispezionati ulteriori settori specifici di attività in quanto di recente sottoposti a innovazione o ristrutturazione, al fine di verificare l’adeguatezza e la correttezza degli interventi realizzati. Avuto riguardo alle audizioni, le stesse sono state effettuate nei confronti dei direttori generali in carica delle Aziende Sanitarie Provinciali ed Ospedaliere. Sono stati altresì ascoltati i commissari straordinari che hanno temporaneamente retto le Aziende Sanitarie Provinciali dopo la riorganizzazione operata con legge regionale 11 maggio 2007 n. 9, nonché altri soggetti in grado di fornire utili elementi di informazione.
La Commissione ha proceduto, inoltre, alla acquisizione ed alla disamina di materiale documentale inerente l’organizzazione del sistema sanitario regionale, sia sul piano generale che su quello più particolareggiato inerente le singole strutture. A tale proposito, va puntualizzato che la Commissione si è avvalsa della documentazione fornita dalle strutture sanitarie e dalla Regione, non avendo proceduto ad accessi diretti presso gli uffici delle stesse. Sono state, altresì, esaminate le risposte ai questionari – elaborati dalla commissione ed inerenti specifici profili di interesse – che i singoli direttori generali hanno fatto pervenire, nonché le relazioni dagli stessi redatte su richiesta della Commissione.
L’attività di verifica della Commissione si è estesa anche alle strutture private che erogano, nel territorio regionale, prestazioni sanitarie per conto o a carico del SSN. Anche con riferimento a queste, stante l’impossibilità di una verifica esaustiva sulla loro totalità, si è proceduto ad una loro selezione – analogamente a quanto riferito per le strutture pubbliche – secondo criteri di distribuzione in relazione al territorio regionale.
I lavori della Commissione si sono svolti nel rispetto delle direttive e del piano d’azione che la Commissione ha elaborato all’atto del suo insediamento, e che sono stati successivamente rimodulati nel corso dell’attività. La Commissione ha inoltre proceduto all’esame delle situazioni organizzative che producono costi evitabili, al fine di individuare azioni di razionalizzazione idonee a preservare la Sanità calabrese dallo stato di dissesto economico.
In esito agli accertamenti svolti, come sopra sinteticamente descritti, la Commissione ritiene di dover dare atto delle relative risultanze procedendo alla esposizione delle criticità emerse articolandole distintamente in relazione a singoli
profili di rilievo
OMISSIS………………………………………………………………………………………………
3. ASPETTI ORGANIZZATIVI DEL SISTEMA SANITARIO REGIONALE
3.1 La riduzione delle ASL
L’art. 7 della L.R. 11 maggio 2007 n. 9 ha disposto che le undici Aziende sanitarie locali presenti sul territorio regionale siano accorpate in cinque Aziende, che assumono le denominazioni di Aziende sanitarie provinciali, i cui territori di riferimento corrispondono alle attuali circoscrizioni provinciali.
Con legge regionale 7 dicembre 2007 n. 26, è stata disciplinata, inoltre, l’istituzione della Stazione unica appaltante (SUA), per l’espletamento centralizzato delle procedure di evidenza pubblica relative alla realizzazione di opere e lavori pubblici, all’acquisto di beni ed alla fornitura di servizi in favore della Regione, degli Enti dipendenti e vigilati, compresi gli Enti del servizio sanitario regionale.
Resta ancora da realizzare l’effettivo accorpamento delle preesistenti ASL nelle attuali ASP e di conseguenza, anche eventualmente sulla base di nuove linee guida regionali, devono essere adottati i nuovi atti aziendali, i bilanci di previsione unificati nonchè una reale programmazione e gestione delle risorse umane presenti e la riorganizzazione degli uffici amministrativi.
3.2 Il Piano Sanitario Calabria ed il riordino della rete ospedaliera
Il riordino della rete ospedaliera è una manovra da attuarsi con assoluta immediatezza, sia sotto il profilo economico che per perseguire un miglioramento della qualità del Sistema Sanitario Regionale: in tale contesto, con deliberazione n. 694 del 9 novembre 2007, è stata approvata dalla Giunta regionale la proposta di Piano Sanitario della Calabria per il triennio 2007-2009 ed il documento è stato trasmesso al Consiglio regionale unitamente alla deliberazione del 12 dicembre 2007 n. 761, concernente “Approvazione disegno di legge recante norme sulla approvazione del Piano sanitario regionale 2007-2009”, tuttora all’esame della competente commissione consiliare.
La proposta di Piano sanitario adottata dalla Giunta ha proceduto alla rideterminazione del fabbisogno di posti letto necessari per garantire lo stesso numero di ricoveri dell’anno 2006, considerando il tasso ottimale di utilizzazione dei posti letto del 75% ed un tasso di ospedalizzazione di 180 ricoveri ogni mille abitanti, come previsto nell’intesa Stato-Regione del 23 marzo 2005.
A tal fine, il Piano contempla un processo di riordino ospedaliero da realizzarsi nel termine triennale di vigenza del Piano stesso. In particolare, viene previsto che le strutture non utilizzate quali ospedali saranno riconvertite in piattaforme territoriali attrezzate per garantire un punto di primo intervento nell’ambito della rete per l’urgenza-emergenza, la diagnostica strumentale e di laboratorio avanzata, la dialisi territoriale, le attività specialistiche ambulatoriali, il day service e l’assistenza primaria territoriale (Casa della salute, UTAP, ecc.), ovvero per altre funzioni espressamente indicate.
Per le case di cura accreditate viene prevista la riconversione dei posti letto attualmente accreditati sulla base della rideterminazione dei posti letto, procedendo in via preliminare dall’attivazione dei posti letto diurni e comunque tendendo conto degli effettivi fabbisogni e dei vincoli derivanti dalla citata intesa.
Nella bozza di PSR, nel capitolo relativo al riordino della rete ospedaliera, sono previste in maniera analitica per ogni casa di cura privata riduzioni nella dotazioni di posti-letto, presumibilmente basate sull’analisi dei ricoveri effettuati negli ultimi anni, del fabbisogno reale e dell’appropriatezza delle prestazioni, che, se realizzate entro un anno, porterebbero ad una significativa razionalizzazione dell’offerta ospedaliera senza determinare danno alla popolazione e limitando i rischi di licenziamento per gli operatori del settore privato. Naturalmente bisognerà proporzionalmente ridurre il tetto di spesa sin dalla definizione dei contratti relativi al 2008.
La nuova rete ospedaliera si svilupperà sugli undici ospedali di riferimento rappresentati dalle tre Aziende Ospedaliere di Cosenza, Catanzaro e Reggio Calabria, dai nuovi presidi della Sibaritide, della Piana di Gioia Tauro e di Vibo Valentia e dai presidi di Crotone, Lamezia Terme, Locri, Castrovillari e Cetraro.
Oltre ai presidi di riferimento continueranno a svolgere funzioni ospedaliere per acuti i presidi di Praia a Mare, Trebisacce, San Giovanni in Fiore, Acri, Serra San Bruno, Soverato, Polistena, Melito Porto Salvo e, parzialmente, Cariati, Siderno, Paola e Soveria Mannelli; questi ultimi quattro presidi saranno destinati a funzioni di riabilitazione e lungodegenza riabilitativa. Saranno riconvertiti in strutture ospedaliere per l’assistenza a pazienti non acuti (riabilitazione e lungodegenza riabilitativa) i presidi di Mormanno, Soveria Mannelli (parzialmente), Soriano, Cariati (parzialmente), Siderno (parzialmente), Paola (parzialmente), Oppido Mamertina, Chiaravalle Centrale (quest’ultimo unitamente a casa della salute). Saranno riconvertiti a piattaforma sanitaria territoriale i presidi di Lungro e Mesoraca. Saranno riconvertiti in casa della salute i presidi di San Marco Argentano, Taurianova e Pizzo. Per le strutture di Pizzo e Mesoraca, ancora formalmente destinate ad ospedale, il diverso utilizzo è stato già avviato nel 2006. Viene confermata la destinazione sanitaria della struttura di Rogliano che viene trasferita all’azienda sanitaria provinciale di Cosenza. Per tale struttura, in considerazione della sua localizzazione, viene ipotizzata come preferenziale l’utilizzazione per l’erogazione di prestazioni di alta specialità anche mediante il coinvolgimento di privati.La struttura di Cassano rimarrà destinata a piattaforma sanitaria territoriale ed hospice. Nei presidi che continueranno a svolgere funzioni assistenziali per acuti e nei presidi da riconvertire in strutture di riabilitazione e lungodegenza riabilitativa è confermata la presenza della diagnostica strumentale e di laboratorio, della dialisi e delle prestazioni specialistiche ambulatoriali. Il presidio di Scilla verrà aggregato all’Azienda Ospedaliera di Reggio Calabria e diverrà sede dell’Istituto sperimentale di medicina clinica avanzata. Saranno destinati a funzioni non sanitarie l’ospedale di Gerace, Scalea, Rosarno. Per la struttura di Nicotera, sarà valutata la possibilità della sua utilizzazione per funzioni extraospedaliere previo apposito studio di fattibilità, il cui eventuale esito negativo ne comporterà la dismissione. I presidi di Palmi, Gioia Tauro, Corigliano Calabro e Rossano, dopo la realizzazione dei nuovi ospedali, saranno dismessi e destinati a funzioni diverse da quelle ospedaliere. Il complesso di Girifalco, individuato quale Centro rivolto alle Scienze Motorie d'intesa con l’Università Magna Graecia, manterrà l’attuale destinazione.
Secondo quanto previsto nella proposta di Piano, le aziende sanitarie provinciali provvederanno a perseguire il raggiungimento degli obiettivi del Piano con particolare attenzione alla creazione degli ospedali di riferimento, alla creazione della rete riabilitativa, alle piattaforme territoriali, alla Casa della salute, alla riconversione e dismissione dei presidi garantendo la necessaria contestualità degli interventi, anche allo scopo di assicurare, nel periodo di transizione, un adeguato livello di offerta (posti letto, servizi) ai cittadini.
Va ricordato, tuttavia, come in virtù del D.P.C.M. 11 dicembre 2007 e del D.P.C.M. 21 dicembre 2007, appartengono oggi alla competenza del Commissario delegato, dott. Vincenzo Spaziante, Assessore alla Sanità della Regione Calabria, gli interventi concernenti la realizzazione delle nuove strutture ospedaliere previste dall’accordo di programma integrativo sottoscritto il 13 dicembre 2007, la riorganizzazione della rete ospedaliera esistente e l’adeguamento delle strutture sanitarie alla vigente normativa in materia di sicurezza.
3.3 Considerazioni sulla bozza del Piano Sanitario Calabria
In esito alla disamina del Piano Sanitario Calabria, possono formularsi le seguenti osservazioni:
1. A fronte della notevole mobilità sia intraregionale che extra regionale, costituita per il 60% da patologie di media o bassa intensità e solo per il 7% da interventi di alta complessità, è necessario che le piattaforme di eccellenza individuate siano riprogettate tenendo conto dell’analisi dei bisogni, delle soglie operative, della necessità di integrare gli attuali erogatori e della ridefinizione del ruolo dei singoli erogatori sulla base di criteri hub e spoke. Anche la sperimentazione sulle cellule staminali pare essere un processo senza basi adeguate e probabilmente ipertrofico.
2. Un progetto di telemedicina domiciliare presuppone che sia resa funzionante la rete dell’ADI.
3. Il trauma center e la costituzione di un sistema informativo regionale appaiono invece di alto valore, a condizione che vengano rispettati i criteri di cui al punto 2. Nel caso di specie è opportuno che il trauma center sia localizzato dove già siano presenti le competenze prevalenti.
4. È necessaria l’istituzione di un CUP su base provinciale integrato con le aziende ospedaliere e con le strutture private accreditate.
5. Viene sottovalutata la gestione del Rischio Clinico anche nelle azioni programmatorie e d’intenti (si rinvia in proposito al capitolo dedicato).
6. Realizzazione di un piano di comunicazione e trasparenza volto a creare nei cittadini una nuova fiducia verso i medici di base e le strutture pubbliche.
7. Utilizzo dei mezzi contrattuali per favorire la prescrizione appropriata degli esami diagnostici attraverso lo sviluppo di forme organizzative (come ad esempio la medicina associata e la medicina di gruppo) e programmi di formazione anche al fine di creare dei Percorsi Diagnostico Terapeutici (PDT) che partano dalla medicina territoriale e giungano a più alti livelli di cura in sede ospedaliera (continuità assistenziale) su patologie frequenti e gravi quali: scompenso cardiaco, malattie respiratorie ostruttive croniche, infarto miocardico, disturbi neurovascolari, diabete tipo 1 e 2, patologie vascolari periferiche.
8. La riorganizzazione della rete regionale dell’assistenza e del soccorso d’urgenza rappresenta oggi, se possibile, la priorità tra le priorità, ed a tal fine, su indicazione della Giunta regionale e con formale nomina del Commissario delegato, è stato conferito al Prof. Franco Romeo, direttore della cattedra e della scuola di specializzazione in Cardiologia dell’Università di Roma Tor Vergata, l’incarico di coordinare le attività volte a realizzare tale progetto di riorganizzazione.
OMISSIS………………………………………………………………………………………………
10. CONCLUSIONI
Il primo dato da evidenziare è che l’attuale situazione della sanità in Calabria è il risultato di numerose concause, spesso interconnesse tra di loro e stratificate nel tempo attraversando in ugual misura le diverse gestioni politiche e amministrative . Cause diverse e numerose in cui l’elemento unificante è dato dalla “metodologia” dell’inefficienza che non si mostra sotto una veste difforme a seconda dei diversi contesti territoriali regionali ma che, al contrario, mostra similitudini nelle realtà calabresi maggiormente compromesse dando, in questo modo, uno spaccato omogeneo delle distorsioni del sistema.
Ciò non esclude che esistono esempi di buona sanità, con sporadiche punte di eccellenza, così come non si discute della competenza di moltissimi professionisti che operano negli ospedali anche con dedizione e spirito di servizio.
Tuttavia, la “metodologia” del disservizio risulta essere l’aspetto prevalente del sistema sanitario in Calabria, mostrando sempre le stesse caratteristiche di un sistema caratterizzato da debolezza strutturale in una micidiale combinazione tra governo regionale che non riesce a imporre scelte di rinnovamento, governo aziendale troppo spesso senza capacità di gestione, degrado e inadeguatezza strutturale dei presidi sanitari, disorganizzazione amministrativa e gestionale, comportamenti professionali non adeguati, che a volte può risultare fatale, e che pregiudica le esigenze assistenziali, impedisce un efficace governo della spesa e conduce a rilevanti disavanzi finanziari di cui spesso non si conosce l’effettivo ammontare.
Ciò induce a ritenere che una adeguata qualità dei servizi sanitari sia solo uno degli aspetti funzionali di un sistema in cui al primo posto va collocata la necessità di ripristinare una situazione di legalità, di rispetto di regole (in alcuni casi neanche stabilite) ove l’efficacia e l’efficienza della struttura amministrativa costituisce il primo segnale di una inversione di percorso.
In questo contesto anche la situazione di notevole disavanzo finanziario, dichiarato dalla dirigenza sanitaria ed ospedaliera (con una stima che fa ipotizzare una dimensione del deficit oramai incontrollata – si parla di circa 900 milioni di euro - e che richiederà interventi urgenti in linea con quanto previsto dal patto di stabilità), contribuisce a rendere più difficile ogni tipo di riassetto del sistema e di pianificazione delle relative spese: numerose aziende sono in costante disavanzo economico spesso provocato da una esorbitante spesa della sanità privata che in Calabria - va sottolineato - è tutta convenzionata anche perché il ripiano dei debiti riferiti alla gestione dell’anno precedente consente solo una sanatoria di quanto già effettuato. In proposito, pur esorbitando dai temi di stretta competenza della commissione, si ritiene di dover suggerire un attento esame degli assetti societari delle aziende private che potrebbe mettere in luce ciò che viene riferito come fatto notorio e cioè l’esistenza di situazioni di conflitto di interesse di chi partecipa agli utili delle predette aziende. Così il ripiano delle situazioni debitorie delle strutture convenzionate, in mancanza di un’attenta azione di programmazione che dia certezza dei fondi necessari, fanno sì che un adempimento di carattere tecnico diventi un’emergenza di carattere sociale che la Regione non può omettere di prendere in considerazione, pur costituendo ciò una forzatura delle attuali disposizioni di legge. È inutile ribadire che il fondo sanitario regionale è l’unico bacino di risorse cui attingere sia per le strutture pubbliche che per quelle private così che, ogni euro destinato alle une non è più spendibile dalle altre. Il tutto in un quadro economico-finanziario che è ben lungi dal mostrare caratteri di certezza e che anzi fa ritenere opportuna una attenta verifica finanziaria sull’effettiva entità dei disavanzi delle aziende sanitarie ed ospedaliere. L’inattendibilità del dato contabile non solo è stato stigmatizzato dalla sezione della Corte dei Conti preposta al controllo, non solo era stato denunciato in atti ufficiali da personalità della regione quali l’on.le Fortugno ma, dato ancor più sorprendente, è stato più volte riferito a questa Commissione come fatto notorio a tutti i livelli. In questo senso, si auspica che il percorso che, proprio in queste settimane, sta portando la regione Calabria ad adottare, d’intesa con il Ministero della salute ed il Ministero dell’economia e finanze, il piano di rientro, faccia chiarezza sull’effettiva entità dei disavanzi e sia rapidamente definito. Gli effetti di lievitazione della spesa sanitaria sono evidenti: la mancata negoziazione e l’inesistenza della sottoscrizione degli accordi contrattuali relativamente a volumi e tipologia delle prestazioni per soddisfare le necessità assistenziali, comporta l’erogazione di prestazioni senza alcun vincolo economico predeterminato e si traduce in un pagamento a piè di lista delle prestazioni erogate. In caso di contenzioso il danno finanziario può ancora lievitare considerato che i giudici aditi dai privati per vedersi riconoscere gli oneri delle prestazioni effettivamente erogate, spesso intimano il pagamento, aggiungendo anche le spese processuali e gli interessi maturati. Eppure la mancata sottoscrizione degli accordi contrattuali comporterebbe a monte l’assunzione di un provvedimento di ritiro dell’accreditamento da parte del Direttore Generale dell’azienda sanitaria e l’impossibilità di ottenere la remunerazione delle prestazioni assistenziali già erogate. Tali “prassi” che non fanno che incrementare di anno in anno il notevole disavanzo finanziario sono riconducibili a quella “metodologia” del disservizio che non si comprende se sia il risultato di problemi gestionali o se sia il punto di partenza da cui prendere le mosse per ottenere effetti diversi, o ancora se sia entrambe le cose. Uscendo fuori da ragionamenti astratti non è dato capire se una strumentazione TAC non venga installata in un ospedale a carattere provinciale per negligenza di chi dirige la struttura, ovvero perché comunque quella prestazione può essere effettuata altrove, possibilmente in una struttura privata, o per entrambe le ragioni.
In questo senso appare singolare la coincidenza tra reparti ospedalieri scarsamente funzionanti e cliniche private, situate a poca distanza, che operano in maniera valida sulle stesse funzioni specialistiche “disastrate” degli ospedali.
Quando poi proprio nell’ambito delle strutture private vengono commessi grossolani errori diagnostici conseguenti ad una inesistenza di percorsi sanitari per gestire l’emergenza o di linee guida operative ci si chiede su quali requisiti si fondi oggi il convenzionamento di dette strutture nell’ambito del SSR.
In questo quadro vanno lette le proposte formulate in materia di requisiti strutturali, normativi, organizzativi e di qualità nelle more di un accreditamento credibile e globale a livello delle strutture sanitarie pubbliche e private. Attualmente l’accreditamento risulta essere di carattere “temporaneo” dal 1995, nonostante che, già con deliberazione di Giunta regionale n. 133 del 1999, ne fossero stati fissati i requisiti sia strutturali che organizzativi, che salvo alcune sperimentazioni, peraltro mai concluse, non hanno registrato un’ attuazione compiuta. Invero l’incompetenza di alcuni operatori del settore si associa quasi sempre a carenze strutturali ed organizzative, all’inesistenza di procedure che possano costituire anche una garanzia per chi opera nel settore; in entrambe le direzioni non risulta che siano state adottate specifiche iniziative.
Il mandato ricevuto non consente di puntare il dito verso responsabilità ma di far sì che siano garantiti dalla sanità pubblica i livelli essenziali di assistenza e con questo spirito sono state avanzate le proposte migliorative. Tuttavia, non ci si può esimere dal formulare alcuni interrogativi raccogliendo in tal modo anche gran parte delle richieste di cui la commissione è stata investita, durante le visite in Calabria. La presenza dei commissari ha, infatti, stimolato una serie di fonti informative, spesso anonime ma ancor più spesso identificate, che hanno ritenuto opportuno denunciare mal funzionamenti del sistema sanitario regionale con annotazioni di carattere generale o specifico. Molte volte queste segnalazioni erano riferite a materie che si ponevano al di fuori del campo d’azione della Commissione, ma che al contempo non potevano essere ignorate configurando, talvolta, anche ipotesi di reato. Eppure solo gli interventi dei NAS, per il periodo che va dal 1 gennaio 2004 al 25 marzo 2008 ammontano in tutta la regione a 102 verifiche con relativi verbali di contestazione delle inadempienze riscontrate. Peraltro nelle 39 strutture ospedaliere verificate 36 sono risultate irregolari, nelle 63 strutture sanitarie (guardie mediche, laboratori di analisi, case di cura convenzionate, S.E.R.T., poliambulatori) 38 sono risultate irregolari, e le sei case di cura accreditate ed ispezionate sono risultate tutte irregolari. Sicuramente fattori oggettivi legati ai carichi di lavoro delle locali procure possano aver contribuito a produrre “tempi di reazione” eccessivamente lenti, ma resta il fatto che anche segnalazioni circostanziate dei reparti NAS dell’Arma dei Carabinieri non sempre hanno prodotto conseguenze. Il tutto in una terra a forte presenza di criminalità organizzata che fa del condizionamento ambientale una delle sue armi più insidiose e dove la sanità, secondo la relazione della commissione antimafia, rappresenta il vero “affare” della regione.
La Commissione, inoltre, ha accolto la richiesta di incontro dei familiari delle vittime degli episodi di “malasanità” in Calabria ricevendo da questi un appello accorato ad ottenere giustizia in tempi rapidi e soprattutto ad evitare che chi abbia sbagliato continui a permanere in situazioni in cui può ripetere l’errore. L’associazione dei familiari delle vittime “Comitato spontaneo delle vittime della sanità in Calabria” ha prodotto un documento di sintesi, contenente anche delle proposte operative che la commissione ha attentamente valutato, ed in alcuni casi, recepito. Gli incontri con i familiari delle vittime dei casi di malasanità hanno messo in luce come, nonostante commissioni d’indagini regionali o ministeriali abbiano accertato responsabilità professionali degli operatori sanitari, gli stessi continuino a prestare la propria attività nel medesimo posto. Anche il recente caso verificatosi a Villa Elisa, ove la commissione si è recata subito dopo la morte della donna, non sfugge alla solita logica, anche se l’assessore alla sanità ha immediatamente istituito una commissione regionale d’indagine che ha accertato gravi inadempienze,rimettendo alla valutazione del direttore generale dell’ASP i successivi provvedimenti. Alla data in cui viene conclusa questa relazione nulla è cambiato nell’attività erogata dalla casa di cura Villa Elisa. Al di là dell’intervento della magistratura è fin troppo evidente che ogni strumento idoneo all’individuazione delle responsabilità professionali è il miglior modo per aiutare la buona sanità a non essere coinvolta in un giudizio negativo generalizzato. Ma troppo spesso questa strada non viene seguita, si rinuncia ad attivare qualsiasi intervento nell’ambito del rapporto di lavoro che possa individuare le responsabilità, lasciando tutto all’esclusiva valutazione della magistratura e determinando in tal modo una situazione di inerzia e di generalizzata impunità. E’ questo un altro sintomo di un sistema che anche di fronte alla morte di bambini sembra autoassolversi. Le commissioni di disciplina ed i collegi arbitrali in molte realtà non sono state neanche costituite, eppure costituiscono organismi indispensabili per l’attivazione del potere disciplinare. Né risulta agli atti della commissione che gli ordini professionali abbiano attivato forme di autotutela nel rispetto delle norme di deontologia professionale. Anche i rappresentanti delle forze sociali confederali hanno manifestato la necessità di individuare le responsabilità individuali anche per non ricomprendere in un giudizio negativo tutti gli operatori del settore. Dal punto di vista dell’organizzazione, le proposte avanzate, nelle pagine precedenti, in tema di risk management si pongono proprio nell’ottica di ridurre il più possibile per il futuro il reiterarsi di simili eventi luttuosi.
È necessario compiere uno sforzo perché ci si avvicini maggiormente alle esigenze dei cittadini anche in relazione alla generalizzata sensazione che si è avvertita di mancanza di interlocutori da parte dei pazienti, delle associazioni ma anche dei medici e della dirigenza sanitaria. Ciò se da un lato ha prodotto quell’effetto “sfogo” poc’anzi richiamato, dall’altro ha evidenziato un problema di carattere relazionale tra medici e dirigenza ospedaliera, tra dirigenza ospedaliera e direzioni generali e tra queste ultime e la Regione, difficoltà di relazioni a cui possono essere ricondotte non poche cause di malfunzionamento. E’ necessario affrontare in futuro gli eventuali eventi avversi, con la massima trasparenza e chiarezza, senza azioni omertose o di protezione per i responsabili. Ogni evento deve essere attentamente analizzato, anche con il supporto di competenze esterne, come avvenuto in altre Regioni, per individuare le cause profonde e utilizzare le procedure migliorative e correttive disponibili, le cosiddette buone pratiche – best-practices – . I conseguenziali provvedimenti amministrativi dovranno essere tempestivamente assunti, quando necessario, da parte delle Direzioni Generali. Solo in questo modo si può tentare di migliorare il rapporto con i cittadini che, in questo momento, in alcune zone della Calabria, è caratterizzato da una profonda sfiducia.
È bene infatti sottolineare come al di là di errori medici per i quali può essere individuato un responsabile diretto, spesso vi sono dei responsabili “nascosti” nell’organizzazione o nel sistema. Cioè si può sbagliare per distrazione, dimenticanza, mancanza di cultura, violazioni di regole ma anche per mancanza di leadership, conflittualità tra colleghi, turni pesanti, mancanza di procedure centrali, mancanza di percorsi organizzativi e terapeutici precisi e condivisi, tutte circostanze che in misura diversa si è avuto modo di riscontrare in molte delle strutture ospedaliere visitate. Da questo punto di vista la Commissione ha considerato positivamente la conclusione del lungo periodo di precarietà nella direzione di numerose Unità operative, al di là ovviamente di qualsiasi valutazione sulla qualità dei singoli direttori.
Tra tutte le criticità rilevate non può non farsi specifico cenno alla allarmante circostanza riscontrata pressoché ovunque, della mancanza di un effettivo sistema integrato per la gestione di casi clinici in condizioni di emergenza, la cui soluzione è affidata all’affannosa ricerca telefonica di posti letto, senza una minima programmazione precedente! Fatto sorprendente è che frequentemente i medici d’urgenza ritengano tale modus operandi assolutamente normale e scevro da pericoli. Un valido piano per l’emergenza, tempestivamente realizzato, potrebbe costituire una valida risposta per evitare di “perdere” pazienti, magari “rifiutati”, seppur in situazioni critiche, senza che nessun provvedimento sia intervenuto nei confronti di chi non ha consentito il ricovero, violando anche le disposizioni regionali vigenti. Anche in questo contesto, è necessario ribadire che la regione Calabria potrebbe utilmente importare le pratiche migliori per la gestione dei casi in emergenza, sulla base delle esperienze disponibili in altre regioni .
La sensazione di generale impunità non esclude da tale giudizio neanche la dirigenza sanitaria: oggetto di una particolare “attenzione” nel momento della scelta, non sembra oggetto di altrettanta attenzione nel momento della valutazione e della verifica del raggiungimento degli obiettivi, che in molti casi non risultano individuati, oppure genericamente indicati in modo uguale per tutti i Direttori Generali, senza la minima ricerca di specificità.
In questo contesto è necessario considerare con la dovuta attenzione, la possibilità che la definizione del nuovo sistema di governo delle ASP preveda una maggiore responsabilizzazione della loro dirigenza, a cominciare dalla Direzione generale e dai Direttori di dipartimento, conferendo loro una responsabilità, costantemente verificata.
Un ulteriore elemento pone il tema del binomio autonomia responsabilità come il punto centrale degli indirizzi che la Regione dovrà emanare per la stesura degli Atti aziendali delle nuove ASP: la grande dimensione delle nuove aziende, che richiederà una maggiore flessibilità nella gestione e quindi anche un decentramento delle responsabilità a distretti e a dipartimenti. L’assenza di una puntuale indicazione degli obiettivi che ciascun Direttore Generale è chiamato a perseguire nelle specificità delle condizioni in cui si trova ad operare rende aleatoria e arbitraria la valutazione del suo operato. In questo senso, dovrebbe essere rivendicata come un’occasione di autotutela da parte dei Direttori Generali, contribuendo anche ad ovviare, nella chiarezza dei rapporti, all’altissimo ricambio osservato fra i DG della sanità calabrese, che mostrano una durata in carica di circa 1 anno e 7 mesi contro una media nazionale di 3 anni e 7 mesi. Proprio questa mancanza di un momento di seria valutazione della professionalità ha concorso a far sì che la Commissione Antimafia denunciasse “l’incapacità della politica ad arrivare prima della magistratura, pur disponendo di propri autonomi elementi di valutazione in grado di fargli compiere autonome scelte di trasparenza e legalità.”
La verifica, a campione, effettuata sui curriculum della dirigenza delle aziende sanitarie ed ospedaliere ha evidenziato, in alcuni casi, la mancanza dei requisiti prescritti, così come individuati dalla giurisprudenza prevalente, secondo un’interpretazione sistematica della normativa vigente. Ciò contribuisce a consolidare un sistema in cui la dirigenza apicale della sanità sembra dover possedere come requisito fondamentale “la vicinanza” alla politica, acuita da una cultura regionale che come è noto fa dell’appartenenza un elemento fortemente caratterizzante e che rende più difficile ogni cambiamento.
In materia di appalti di beni e servizi, che come è noto rappresenta per la criminalità organizzata un collaudato settore di appropriazione indebita di risorse pubbliche, bisogna evidenziare come la stazione unica appaltante, seppur istituita da tempo, non sia ancora operante, e come l’istituzione delle nuove ASP non abbia ancora prodotto la riunificazione effettiva degli uffici amministrativi e contabili. Il settore degli appalti potrebbe, per rilevanza, costituire una delle prime leve su cui intervenire per eliminare gli sprechi ed evitare, attraverso apposite clausole di esclusione nei capitolati, la presenza in ditte esterne, a cui viene affidato l’appalto, di soggetti vicini alla criminalità organizzata.
In questi casi la regione potrebbe emanare una direttiva alle varie aziende ospedaliere e sanitarie che escluda la validità della clausola sociale (che impone al vincitore del nuovo appalto, di utilizzare lo stesso personale della ditta precedente), nei casi in cui si sia in presenza di personale in qualche modo legato al mondo della criminalità, o sottoposto all’azione penale. Potrebbe poi verificarne la sua attuazione, magari legandola all’erogazione dell’indennità di risultato dei direttori generali. L’attività recentemente espletata da alcuni direttori generali e le iniziative assunte o in via di definizione in materia di appalti, “sconvenzioni” di aziende private, adeguamento ai rilievi dei NAS, sanzioni disciplinari, sembrano far sperare nella possibilità di un cambiamento. Ma non possono costituire solo dei casi isolati.
Le soluzioni individuate ed i risultati positivi ottenuti dovrebbero essere efficacemente pubblicizzati anche attraverso convegni o conferenze delle migliori pratiche e comunque messi in rete in modo da creare attenzione ed aspettative anche nei confronti dei buoni esempi di sanità. I riflettori oggi puntati su questo territorio possono, infatti, favorire una inversione di tendenza verso scelte di maggior coraggio finalizzate a dare efficienza al sistema sanitario regionale.
In questo quadro va sottolineato la stretta collaborazione da subito instauratasi tra questa Commissione e l’Assessore alla sanità della regione Calabria che ha reso possibile l’immediata attuazione di idee comuni anche attraverso l’utile avvio, da parte dell’assessore, di incontri settimanali con i vertici delle aziende sanitarie e ospedaliere in cui dare direttive e verificare i progressi delle singole realtà.
A titolo esemplificativo di questa collaborazione si richiamano le iniziative assunte in materia di avvio delle negoziazioni con le Case di cura private; di copertura delle carenze d’organico dei presidi ospedalieri attraverso l’autorizzazione di 80 concorsi; dell’inizio di una complicata attività di accertamento dei disavanzi finanziari riferiti agli esercizi pregressi; del potenziamento tecnologico e l’ammodernamento del sistema informativo delle strutture ospedaliere nonché la realizzazione di reti di comunicazioni per l’emergenza sanitaria.
Bisogna partire dalla convinzione che non è più possibile rincorrere gli eventi specie in un settore, quale quello della sanità, dove un errore, un’inefficienza, una disorganizzazione può immediatamente tradursi in un fatto luttuoso. Occorre pianificare e individuare, con la normale diligenza da richiedere ad una dirigenza che possa fregiarsi di questo nome, quali siano gli anelli deboli del sistema ed assumere le conseguenti iniziative. Bisogna dare atto all’attuale assessore alla sanità, peraltro non adeguatamente supportato da una valida struttura organizzativa (anche l’ultimo direttore del dipartimento ha recentemente rassegnato le dimissioni) che sul piano della programmazione sta cercando d’invertire il “senso di marcia” della sanità calabrese. La recente istituzione del centro regionale del rischio clinico e la sicurezza del paziente, rappresenta il segnale più evidente di un intensa attività di collaborazione con l’assessore che si è instaurata fin dall’inizio dell’attività della commissione, nella convinzione che il lavoro di verifica fosse finalizzato a migliorare da subito le condizioni della sanità in Calabria. Anche perché molte criticità rilevate, se da un lato avevano un’evidenza macroscopica, dall’altro avrebbero potuto essere superate in tempi brevi con strumenti aziendali, senza richiedere necessariamente un intervento esterno. Un riferimento esemplificativo in tal senso può essere quello relativo al reparto di dialisi dell’ospedale di Melito Porto Salvo le cui condizioni agghiaccianti del 29 gennaio apparivano migliorate, seppure ancora non soddisfacenti, il 19 marzo grazie a pochi ed economici interventi che gettano una grande ombra sulla capacità di chi nel corso di questi anni ha gestito la struttura e più in generale su come siano state impiegate le risorse assorbite dalla sanità in questa parte della regione. Per questo il recente scioglimento della ASP di Reggio Calabria non ha destato nella commissione particolare meraviglia. Sempre in materia di condizionamenti, pur ponendoci certamente al di fuori del mandato di questa commissione, si ritiene di dover segnalare, ai fini di un attento monitoraggio, il funzionamento dei Dipartimenti della prevenzione nelle diverse province della Calabria, in quanto proprio le competenze in materia veterinaria, alimentazione, sicurezza sul lavoro, invalidi civili costituiscono uno snodo essenziale per il “controllo” del territorio. Altre iniziative devono essere finalizzate ad eliminare quel legame innaturale tra politica e gestione amministrativa che oggi va ben oltre quanto voluto dalla legge e che sembra lasciarsi sedurre dalla grande tentazione di spingersi fino a condizionare scelte che invece devono basarsi sulle capacità professionali di chi deve garantire la salute dei cittadini.
Devono essere razionalizzate e semplificate le procedure che oggi consentono l’immissione in servizio di nuovi primari solo dopo aver attenuto una serie di autorizzazioni da parte della regione, così vanno semplificate le numerose autorizzazioni regionali, necessarie per rendere operativi locali ristrutturati, già preventivamente autorizzati in fase di progetto e collaudo. Per quanto riguarda l’assunzione dei primari l’ulteriore fase autorizzatoria prevista nel momento dell’immissione in ruolo dei vincitori di concorso, oltre ad apparire come un eccessivo appesantimento procedurale, fa sorgere sospetti circa una volontà di controllo che vada oltre quello di una valutazione dei bisogni delle singole aziende, già garantita nelle precedenti fasi autorizzatorie. È necessario sgombrare il campo dal sospetto che certe disposizioni siano vigenti per consentire una ingiustificata immissione nelle scelte del personale medico, e quindi eliminare la tentazione di poter trarre vantaggio da chi per professione è chiamato ad instaurare un legame particolarmente stretto con i propri clienti/pazienti. Ipotesi che, per quanto infondate, destano sospetto per il solo fatto di poter essere formulate. Più in generale si tratta di assumere iniziative che non possano avere letture diverse da quella della ricerca dell’efficienza. In sostanza è necessario mettere da parte la ricerca continua del consenso politico, ed attuare i cambiamenti spiegando e comunicando alle comunità locali le finalità e le ragioni delle singole scelte. Così come bisognerebbe ripensare al rapporto esistente con l’unica Università della Calabria che attraverso protocolli d’intesa eccessivamente sbilanciati a favore dell’Università condizionano le scelte organizzative fondamentali della Mater Domini e non assicurano prestazioni assistenziali adeguate all’impegno finanziario previsto.
Il nuovo piano sanitario contiene un serio elenco di impegni per il miglioramento della qualità delle cure, di non facile attuazione nel breve periodo tra i quali le necessarie ed opportune proposte di soppressioni, accorpamenti, riconversioni di strutture ospedaliere: in tal senso, tuttavia, è necessario che sia definito un piano di attuazione di quanto previsto per indicare i tempi di realizzazione delle singole misure, individuarne dei responsabili per l’attuazione e affidare il momento di verifica a soggetti terzi.
Occorrerà spiegare ai cittadini che bisogna razionalizzare le risorse, anche attraverso la chiusura di ospedali, nei quali oggi anziché curare patologie acute si eroga assistenza agli anziani. Così come è necessario far capire che è preferibile puntare su una struttura ospedaliera di buon livello rispetto a due o tre strutture che non erogano servizi in sicurezza perché, ad esempio, hanno una TAC ma non una chirurgia, hanno servizi di medio-alto livello di cure ma non una rianimazione. E’ indubbio che sarà necessario prevedere un’ informazione intensa per i cittadini, gli operatori, gli amministratori. Anche un sistema razionale ed efficiente di trasporto dei pazienti in emergenza-urgenza potrà sicuramente aiutare il processo. Questo solleva la delicata questione delle relazioni fra Regione, Aziende Sanitarie e istituzioni locali. Senza la convinta partecipazione delle Istituzioni Locali non è possibile condurre a termine politiche di riordino e di razionalizzazione della rete ospedaliera, sviluppando i servizi territoriali necessari per sostituire le funzioni ospedaliere soppresse, sia in quanto i Comuni sono titolari di importanti funzioni sociali complementari e sinergiche a quelle sanitarie, sia perché i Sindaci hanno un ovvio, legittimo interesse alla accessibilità ai servizi sanitari da parte della popolazione da cui sono stati direttamente eletti. Le Regioni hanno sviluppato forme diverse di relazione, rielaborando le indicazioni del d.lgs. 229/99 relative alla funzione delle Conferenze Sanitarie Territoriali, con risultati non sempre soddisfacenti. Questo rapporto, complesso in sé, appare particolarmente difficile in Calabria, in relazione ai fenomeni di infiltrazione che hanno portato allo scioglimento di alcuni Consigli Comunali.
La commissione è consapevole che il sistema sanitario in Calabria non può essere sanato nel giro di pochi mesi. Nel quadro disponibile di strumenti programmatori, pur in assenza di un atto formale da parte della regione che recepisca la proposta di PSR e che nei fatti non può non indurre una riflessione sulla effettiva volontà politica di procedere, ci si potrà comunque muovere per settori, ed in questo senso l’adozione di un piano dedicato all’emergenza che affronti in primo luogo la riorganizzazione (e, in molti casi, la costruzione fisica ed operativa) del Pronto Soccorso, inclusi i suoi rapporti coi servizi ospedalieri da un lato e con quelli territoriali dall’altro, rappresenta, se possibile, la priorità tra le priorità. La recente approvazione del piano delle emergenze, di cui peraltro si conosce solo ciò che ha riportato la stampa, costituisce la prima occasione concreta per procedere in modo diverso dal passato, individuando da subito chi sarà responsabile dell’attuazione ed i tempi della stessa.
È questa la strada maestra da intraprendere per riportare il sistema sanitario regionale a livelli di adeguatezza senza dover ricorrere a misure di gestione straordinaria dell’intero settore che pure, al momento, non possono escludersi dal novero delle proposte di carattere generale che si ritiene di dover avanzare al Ministro della Salute per superare quella che oggi continua a presentare tutti i contorni di una emergenza. Lo stato di emergenza socio-assistenziale è già stato accertato, ed attiene prevalentemente alla razionalizzazione della rete ospedaliera e alla costruzione di quattro strutture.
L’estrema frammentazione della rete ospedaliera, inadeguata ed insufficiente per alcune parti del territorio regionale che rimangono completamente sguarnite rispetto all’erogazione delle prestazioni sanitarie ordinarie o d’urgenza, risulta aggravata dalla carente condizione dei collegamenti stradali, che rende ancora più complicato il trasporto d’urgenza, già difficile in condizioni di normale viabilità per l’assenza di un sistema integrato per la gestione dei posti letto, in particolare per le emergenze. E questa è sicuramente una priorità sia pure strettamente collegata con la costruzione di nuove strutture. Rimane fuori dallo stato di emergenza e dagli strumenti che le sono propri la gestione ordinaria del sistema sanità, su cui è necessario operare una netta inversione di rotta, anche perché i documenti disponibili registrano in modo chiaro una valutazione negativa nell’erogazione dei livelli essenziali di assistenza che le verifiche effettuate dalla commissione hanno largamente confermato, a volte con elementi di valutazione ancor più negativi. In tal senso l’ulteriore considerazione che la gran parte della mobilità passiva della Regione Calabria è per prestazioni di livello medio-basso, determina la consapevolezza che la mobilità è legata non solo e non tanto a interventi chirurgici di alta specializzazione, ma anche a normali percorsi diagnostico-terapeutici. Tale ultima considerazione associata a quella dell’esistenza di un notevole disavanzo finanziario non possono escludere l’intervento sostitutivo dello stato nelle forme previste dal nuovo titolo V della costituzione, e dalle leggi finanziarie per gli anni 2005 e 2006, considerato che la capacità della struttura amministrativa di attuare un progetto di modifica dell’esistente appare oggi insufficiente anche in considerazione delle attuali dotazioni e competenze del personale che fa capo all’assessore alla Sanità della regione Calabria al quale va, comunque, riconosciuto lo sforzo, anche sulla spinta delle indicazioni giunte dalla magistratura, di cercare di rifondare una struttura di management che non sia coinvolta in discutibili gestioni del passato. La coincidenza personale, in questo momento storico, tra l’assessore alla sanità della regione Calabria e il commissario straordinario per l’emergenza sanitaria di nomina governativa, consente di intraprendere iniziative che fuoriescono dal concetto di ordinaria amministrazione e che possono dare un importante contributo alla soluzione di problemi, specie di carattere organizzativo, anche avvalendosi del nucleo di personale previsto dall’art 3 dell’OPCM 3635/2007.
Per dare un contributo concreto all’opera di “ricostruzione” appena avviata la commissione ha dedicato un paragrafo della relazione di alcuni interventi più urgenti, indicandone le finalità e, ove possibile, i tempi di realizzazione . Se non si riuscirà ad assumere iniziative di rottura rispetto al passato fatalmente si permarrà nella situazione fotografata dalla Commissione Antimafia del parlamento che crudamente individua “una politica che ha perso autonomia e trasparenza per dipendere, essa stessa, dallo scambio tra gestione della spesa sanitaria e consenso che rappresenta il punto più alto del degrado politico e morale che investe la Calabria.”

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