venerdì 12 settembre 2008

COMUNICATI E RELAZIONI DEL COMITATO

Il Comitato civico “Nino De Caro”: azioni di protesta e di resistenza civile.

All’indomani della famigerata delibera 2838 del 14 luglio 2008 del DG dell’ASP di Cosenza, nasce a Cetraro il Comitato civico “Nino De Caro”, che si prefigge due obiettivi: la revoca della delibera in questione e l’approvazione del PSR Lo Moro, senza alcuna modifica sul ruolo dell’Ospedale di Cetraro quale “ospedale di riferimento”.
I soci del Comitato designano l’Avv. Eugenio Artusa come presidente dello stesso. Il 25 luglio 2008 i soci del Comitato partecipano ad una manifestazione pubblica sul piazzale dell’ospedale di Cetraro, indetta dall’Amministrazione Comunale. In quella occasione il Presidente Artusa annuncia, davanti ad almeno 150 persone, la costituzione del Comitato nonché, dietro mandato del Comune di Cetraro, la presentazione di un ricorso al TAR di Catanzaro contro la delibera. In pari data i soci del Comitato si autoconvocano nello stesso luogo alle ore 8:30, dopo una settimana.
Il 31 luglio 2008, dopo una discussione tra i soci del Comitato presenti, alcuni di loro decidono di porre in essere un’azione eclatante. Pertanto si incatenano davanti al piazzale, proclamando altresì lo sciopero della fame.
Purtroppo questa forma di protesta viene ignorata non solo dal DG dell’ASP di Cosenza, che non si premura affatto di sentire le ragioni dei manifestanti, ma soprattutto dai mezzi di informazione e segnatamente dal TGR Calabria: la protesta viene, di fatto ed inspiegabilmente, oscurata.
Il 1 agosto 2008 alle ore 11:30 il cappellano dell’ospedale, Mons. Ermanno Raimondo, celebra una messa sul piazzale dell’ospedale, davanti ai manifestanti incatenati e ad un pubblico di almeno 250 persone, pronunciando una severa ed accorata omelia contro la disgraziata delibera del DG Petramala.
Nel pomeriggio dello stesso giorno, due dei manifestanti incatenati sono costretti dai medici del Pronto Soccorso a lasciare i propri compagni di lotta, perché non più in grado di sostenere gli stenti.
Viste le condizioni di salute dei manifestanti e dati alcuni segnali di disponibilità al dialogo da parte di forze politiche ed esponenti politici, il Presidente del Consiglio Comunale di Cetraro, Prof. Rudi Angilica, si reca sul piazzale dell’ospedale intorno alle ore 12:00 del 2 agosto 2008 per proporre ai manifestanti di sospendere la dura forma di lotta intrapresa, per percorrere insieme al Comune di Cetraro “una via istituzionale”. Per il 6 agosto 2008 viene convocato un Consiglio Comunale aperto alla cittadinanza in Piazza del Popolo a Cetraro, anche alla presenza di esponenti politici regionali, per discutere del PSR e del ruolo dell’ospedale di Cetraro.
Il Comitato, dopo una riunione seduta stante, accetta la proposta, esplicitandone le ragioni in un comunicato.
Il Comitato distribuisce 2000 volantini tra la cittadinanza, gira per le strade della città ad invitare tutti a partecipare al Consiglio Comunale, raccoglie firme a sostegno della protesta.
Il 6 agosto 2008 in Piazza del Popolo a Cetraro partecipano al Consiglio Comunale almeno 1000 persone. Alla presenza di un nutrito gruppo di esponenti politici regionali e provinciali, il Comitato pone i suoi interrogativi ed espone le proprie argomentazioni.
Il Consiglio Comunale approva un documento, ribadendo le stesse richieste del Comitato.
Dal Consiglio Comunale emerge una disponibilità da parte degli esponenti politici intervenuti a discutere le richieste del Comitato e dell’Amministrazione già a partire dalla metà di agosto, atteso che si vorrebbe approvare il PSR alla fine di settembre 2008.
In attesa di essere convocato, il Comitato continua a tenere desta l’attenzione sul problema, attraverso varie iniziative di propaganda, che vanno dagli articoli sulla stampa, ai comunicati, ai manifesti, ai sit in vari punti della città.

COMUNICATO

Oggi 2 agosto 2008, alle ore 12:00 circa, presso il piazzale dell’Ospedale di Cetraro, dove era in corso dalle ore 9:00 del 31 luglio una protesta da parte di alcuni membri del comitato civico “Nino De Caro”, i quali avevano ritenuto di incatenarsi e mettere in atto uno sciopero della fame, è avvenuto un incontro tra il Presidente del Consiglio Comunale di Cetraro Rudy Angilica, accompagnato da altri membri della Giunta e del Consiglio Comunale, e i manifestanti, sostenuti da molti membri del Comitato civico, alla presenza anche del cappellano Don Ermanno Raimondo.
A nome del Consiglio Comunale, che invero non aveva fatto mancare sin da subito il sostegno all’iniziativa, il Presidente ha manifestato la preoccupazione dell’istituzione comunale in primis per la salute dei manifestanti e nel contempo, facendosi istituzionalmente carico della protesta, ha inteso proporre ai manifestanti e all’intero Comitato civico una soluzione istituzionale.
Per mercoledì 6 agosto sarà indetto un Consiglio Comunale aperto, in Piazza del Popolo, al quale saranno presenti, dietro preciso impegno delle forze politiche locali, anche Consiglieri Regionali ed esponenti politici provinciali e regionali. Lo stesso Consiglio sarà un’occasione per tentare di fare chiarezza e, soprattutto, per portare avanti la giusta lotta del Comitato e della cittadinanza tutta di Cetraro. Nel proporre tale via istituzionale e registrando il fatto che la dura forma di lotta intrapresa ha già iniziato a pregiudicare la salute di due dei manifestanti, costretti a ritirarsi ieri pomeriggio anche dietro ordine dei medici del Pronto Soccorso, il Presidente ha chiesto però ai manifestanti di sospendere questa forma di lotta.
I manifestanti e gli altri membri del Comitato presenti, riunitisi seduta stante per valutare la proposta, hanno accolto la stessa, esplicitando una serie di valutazioni.
Prima dell’inizio di questa eclatante forma di protesta, il Comitato aveva registrato un assordante silenzio ed una generale apatia.
Di qui l’idea di promuovere un’iniziativa forte, maturata spontaneamente in seno al Comitato la mattina del 31 luglio davanti all’ospedale.
Dacchè alcuni membri dello stesso si sono incatenati ed hanno proclamato lo sciopero della fame ha iniziato a dischiudersi, lentamente ma in modo palpabile, la nebbia di silenzio ed apatia.
L’iniziale congiura del silenzio dei mezzi di informazione, specie (duole dirlo) della televisione di stato sulla protesta si è rotta ed, anche se solo sui giornali, si è dato finalmente voce alla stessa.
Le timidezze dell’organizzazione dei medici e dei sindacati di categoria dei lavoratori ospedalieri sono finalmente venute meno anch’esse, dacchè i primi hanno stilato un documento per esprimere solidarietà a i manifestanti ed i secondi hanno indetto lo stato di agitazione.
Il sindaco, l’amministrazione comunale, il consiglio comunale, le forze politiche locali e provinciali hanno via via espresso apprezzamento e sostegno.
Durante i giorni della protesta centinaia di cittadini hanno apposto la propria firma a sostegno della lotta, presso un banchetto allestito senza alcuna iniziale pretesa di fianco ai manifestanti.
Nei giorni e nelle notti di permanenza in catene molte persone hanno fatto loro visita e sono rimasti a far loro compagnia anche per ore, manifestando con la presenza più che con le parole la propria vicinanza umana.
Ancora risuonano nel piazzale dell’Ospedale e nelle orecchie dei tantissimi cittadini presenti le parole severe ed accorate di Don Ermanno Raimondo, cappellano dell’Ospedale, che ha celebrato una partecipatissima messa a sostegno di quella che ha definito una protesta giusta contro un atto dispotico, arrogante, privo di logica e di rispetto per la dignità della persona, dei malati, degli operatori e dei cittadini tutti.
Per tutte queste ragioni, il Comitato ha valutato positivamente i segnali che si sono via via registrati e, anche per non esporre la salute dei manifestanti ad ulteriori pregiudizi, ha inteso accettare la proposta di percorrere la via istituzionale indicata dal Presidente Angilica a nome dell’intero Consiglio Comunale, riservandosi tuttavia di valutare in totale autonomia i successivi sviluppi e di intraprendere, da solo o con quanti vorranno starci, anche altre iniziative e forme di lotta.
Il Comitato, infine, invita la cittadinanza ad essere protagonista di questa battaglia per la salute dei cittadini e dà appuntamento a tutti, singoli, forze politiche e sociali, associazioni e quanti condividono la lotta ai prossimi incontri ed alle prossime manifestazioni che verranno intraprese.
Comitato Civico “Nino De Caro”

COMUNICATO

Questa sera, giovedì 7 agosto 2008, ore 18:00 circa, si è riunito il Comitato civico “Nino De Caro”, per fare subito un’analisi della situazione a seguito della grande manifestazione di piazza di ieri.
Il Comitato esprime viva soddisfazione per la grande partecipazione popolare (circa 1000 persone): è davvero raro vedere piazze così affollate nelle torride sere di agosto, in pieno periodo di ferie. La Piazza del Popolo di Cetraro era gremita come non si vedeva da molti anni, segno tangibile della condivisione con l’intera Comunità cittadina di una lotta giusta intrapresa dal Comitato.
Esprime altresì apprezzamento per la presenza ieri sulla stessa piazza di tanti rappresentanti politici ed istituzionali: l’On. Deputato Occhiuto (UDC), i coniglieri regionali Trematerra e Chiappetta (UDC), Morelli (PDL), Incarnato (PSI) Ass. LL.PP. e Adamo (PD) relatore della III Commissione regionale sulla sanità, nonché il consigliere provinciale Corbelli del movimento Diritti Civili e l’Ass. provinciale alla Cultura Covello. Ringrazia altresì l’Ass. all’Agricoltura Pirillo, impegnato in altra sede, per aver voluto comunque incontrare il Comitato e l’Amministrazione comunale nella mattinata di ieri.
Nella serata di ieri il Comitato “Nino De Caro” ha posto due obiettivi: il primo è la revoca della delibera 2838 del 14 luglio 2008 e di tutti i conseguenti atti esecutivi; il secondo è la ratifica da parte del Consiglio regionale di quel piano sanitario già approvato in Giunta regionale e che vede nella struttura ospedaliera di Cetraro l’ospedale di riferimento.
Con riferimento al primo obiettivo, il Comitato si ritiene insoddisfatto della risposta data e pertanto conferma la volontà di presentare l’annunciato ricorso al TAR, cui sta già lavorando il presidente del Comitato stesso, Avv. Eugenio Artusa, dietro mandato dell’Amministrazione comunale.
Quanto al secondo obiettivo, il Comitato ha registrato una disponibilità dei consiglieri regionali intervenuti ed, in particolare, del relatore della III Commissione On. Nicola Adamo a discutere a breve la nostra richiesta in sede di redazione del piano sanitario regionale, che lo stesso auspica di poter approvare entro la fine di settembre.
Pur considerando positivamente i risultati sin qui ottenuti grazie alle azioni di protesta intraprese ed alla straordinaria mobilitazione popolare, il Comitato ritiene che si debba continuare a tenere alta la guardia su queste problematiche ed invita ancora tutti, cittadinanza ed istituzioni, forze politiche e sociali, a fare la propria parte in questa battaglia, che è appena iniziata.
Il Comitato civico “Nino De Caro”

COMUNICATO

Anche a seguito dei numerosi articoli apparsi sulla stampa locale, che ne hanno talvolta equivocato la linea, il Comitato civico “Nino De Caro” di Cetraro intende ribadire le proprie posizioni.
Sin dalla sua costituzione il Comitato ha perseguito e persegue, senza tentennamenti ed ambiguità di sorta e con il pieno appoggio dell’istituzione comunale e della cittadinanza tutta, due obiettivi: la revoca della delibera 2838 del 14/07/2008 del DG dell’ASP di Cosenza e l’approvazione della proposta di legge 254/08 contenente il PSR, così per come già approvato dalla Giunta regionale.
Con gli altri comitati civici, sorti a difesa delle strutture ospedaliere pubbliche, il Comitato di Cetraro condivide la convinzione che sul Tirreno cosentino la sanità privata abbia un ruolo esorbitante, condanna ogni ipotesi di nuovi accreditamenti e crede che l’offerta sanitaria debba avere il proprio baricentro nelle strutture pubbliche.
Con riferimento a proposte alternative rispetto al disegno di PSR oggi in discussione in seno alla III Commissione dell’Assemblea regionale, il Comitato “Nino De Caro” è aperto al dialogo e al confronto su ipotesi serie e ponderate, che siano rese note e conoscibili, che possano essere discusse e approfondite in modo da garantire la partecipazione ed la scelta consapevole, sempre nell’interesse dei cittadini del Tirreno cosentino, per tutelare al meglio il loro diritto alla salute e rispondere in modo adeguato ai loro bisogni.
Cetraro lì, 08/09/2008
Il Comitato civico “Nino De Caro” di Cetraro

COMUNICATO

Continuano le iniziative del Comitato “Nino De Caro” per la salvaguardia dell’integrità dell’Ospedale di Cetraro.

Il movimento di protesta popolare che ha investito tutta la cittadina a seguito delle iniziative dell’azienda sanitaria provinciale, che ha chiuso il reparto di ortopedia, trae origine, oltre che dal grave disagio venutosi a determinare, dall’irrazionalità del provvedimento, che contrasta con il vigente piano sanitario regionale e con tutte le conseguenti iniziative di attuazione, nonché con il progetto di nuovo P.S.R. in corso di approvazione da parte del Consiglio regionale.

Pertanto, oltre alle iniziative di reazione al provvedimento, ritenuto illegittimo e quindi impugnato dinanzi al TAR della Calabria, il Comitato civico, agendo unitamente con l’Amministrazione comunale, ha avviato una serie di azioni a tutela della sanità sul territorio.

Dopo il consiglio comunale aperto tenutosi nella piazza di Cetraro il 6 agosto scorso con il coinvolgimento dei rappresentati della regione e di esponenti delle forze politiche di maggioranza e di opposizione, il Comitato civico sta organizzando ulteriori iniziative che verranno attuate nei prossimi giorni.

In particolare ha deciso di seguire i lavori del Consiglio Regionale per informarsi e tenere informati i cittadini sulla direzione in cui si evolvono le linee di politica sanitaria che interesseranno il nostro territorio e soprattutto l’Ospedale di Cetraro.

Per questo un gruppo di lavoro sta monitorando tutti i passaggi che si registrano durante i lavori della 3ª Commissione Regionale che sta esaminando il disegno di legge di P.S.R. a suo tempo predisposto dall’assessore regionale on. Lo Moro e che dovrà approdare al Consiglio stesso per il voto finale.

Nell’ambito di tale impegno il Sindaco di Cetraro ed il Comitato civico hanno promosso un incontro con i principali protagonisti della Regione che stanno portando avanti i lavori preparatori per l’approvazione del P.S.R.

Il 19 settembre, l’Amministrazione Comunale con la presenza dei capi gruppo consiliari e di una delegazione del Comitato civico si è incontrata con il Presidente della 3ª commissione regionale, On. Pietro Giamborino e con il relatore al Consiglio Regionale sulla proposta di piano, On. Nicola Adamo.

I rappresentanti della Regione hanno ribadito la volontà dell’intero Consiglio Regionale (maggioranza ed opposizione) di procedere, entro il mese di ottobre, all’approvazione del P.S.R. sia per l’obbiettiva esigenza di dare certezze in un campo così delicato quale quello della salute dei cittadini, sia per la necessità di razionalizzare il servizio sanitario nella regione a fronte della grave situazione che lo espone a pericoli di commissariamento.

Inoltre, hanno confermato che resta valido l’impianto del disegno di legge Lo Moro approvato dalla Giunta regionale anche se sono state rappresentate le obiettive difficoltà, ancora non del tutto risolte, di individuare il metodo più idoneo per consentire successivamente una concreta attuazione delle indicazioni di piano.

Il Comitato ha confermato la propria posizione evidenziando come la situazione del presidio ospedaliero di Cetraro ha trovato negli anni il suo assestamento nell’ambito dei provvedimenti regionali di programmazione e che all’interno di tali provvedimenti attualmente vigenti e di quelli che verranno successivamente emanati deve trovare la sua organizzazione senza che provvedimenti estemporanei ed in contrasto con la normativa di riferimento ( quale la delibera del Direttore dell’azienda sanitaria provinciale) stravolgano la situazione di fatto creando grave allarme sociale.

Sia l’Amministrazione comunale che il Comitato hanno ritenuto interlocutorio l’incontro con i rappresentanti regionali e, nell’apprezzare e ringraziare per la loro disponibilità, hanno richiesto di avere ulteriori incontri man mano che i lavori di esame del P.S.R. procedano verso la definizione del testo finale.

Cetraro lì 20 settembre 2008

COMUNICATO

Il Comitato civico “Nino De Caro” e la città di Cetraro ringraziano il TG5, nella persona del Dr. Pamparana, per aver dato voce alla protesta e alle ragioni dei cittadini, da altri ignorate.

E ringraziano il Presidente Loiero per aver risposto agli interrogativi in maniera chiara, utilizzando parole inequivocabili tanto rispetto alla volontà di vedere approvato dall’Assemblea regionale il PSR già approvato in Giunta, quanto rispetto al ruolo che il presidio ospedaliero di Cetraro deve assumere per tutelare il diritto alla salute di tutti i cittadini del Tirreno cosentino.

Prendiamo atto con soddisfazione che la volontà politica del Governo regionale, già manifestatasi limpidamente con l’approvazione da parte della Giunta del PSR 2007-2009, è quella di far approvare in Consiglio regionale la proposta di legge 254/08 e, conseguentemente, di fare del P.O. di Cetraro l’ospedale di riferimento di quest’area.

Le parole inequivoche del Presidente della Regione hanno finalmente chiarito che il criterio dell’ospedale di riferimento è, e resta il criterio di razionalizzazione adottato per mettere ordine nella sanità calabrese nell’interesse dei cittadini, spazzando via ogni altra ipotesi, pure ventilata nei mesi scorsi, foriera di confusione, pericolosa per la salute degli utenti e rispondente a logiche assai lontane dalla razionalizzazione.

Crediamo (e non da oggi) che il PSR licenziato dalla Giunta regionale costituisca la cura giusta per i mali della sanità calabrese, in questo confortati dal giudizio autorevole ed imparziale di organismi come la Commissione Riccio-Serra e riteniamo che il Consiglio regionale scriverà una pagina importante nella storia di questa regione approvando la proposta di legge 254/08, senza stravolgimenti.

Salutiamo con favore il fatto che la politica regionale si riappropri del suo ruolo di indirizzo politico, che taluni Direttori Generali delle ASP si sono arrogati nei mesi scorsi, emanando delibere e provvedimenti che non rispondono affatto a logiche manageriali e che costituiscono piuttosto esercizio di un potere di cui non è dato sapere lo scopo.

Pensiamo che, se è vera la premessa da cui il Presidente Loiero ha dichiarato di partire, è logico attendersi a breve anche atti e provvedimenti dirigenziali che siano coerenti con quella premessa e restiamo pertanto in attesa che alle importanti affermazioni di principio del Presidente della regione seguano i fatti.

Riteniamo infine, ma non da ultimo, che nel mentre si discute e si cerca di attuare, giustamente, una razionalizzazione della rete ospedaliera pubblica, sarebbe anche ora di porre mano alla razionalizzazione della rete delle cliniche private convenzionate, perchè sono pagate comunque con i soldi dei contribuenti.

Cetraro 15-10-2008

Comunicato stampa del 26 ottobre 2008

Il Comitato “Nino De Caro” esprime tutta la sua più grande soddisfazione per l’ordinanza TAR, che ha sospeso l’efficacia della delibera del DG Petramala nella parte relativa all’accorpamento del Reparto di Ortopedia del P.O. di Cetraro all’ospedale di Paola. Una sentenza il cui valore e significato va ben al di là del risultato stesso e che premia le lotte, i sacrifici e le iniziative che il Comitato, insieme all’Amministrazione e ai cittadini di Cetraro, ha in questi mesi portato avanti. Ciò che il Comitato e le comunità locali hanno sempre chiesto con forza è stato il diritto all’ascolto e al confronto serio sul merito, ma anche sul metodo delle scelte adottate. Una richiesta fondata sul convincimento che decidere e programmare sia un dovere dell’Azienda, ma che non lo si può fare fuori dalle regole; la strada della democrazia è una strada impervia e stretta, ma resta l’unica percorribile e quella su cui poi si misura la capacità vera del menagement, in special modo quando si ricerca l’efficienza non nel produrre merci a buon costo, ma diritti per la gente, come il diritto alla salute. La speranza è, dunque, che questa ordinanza del TAR rappresenti per la Direzione Generale dell’ASP, e per qualche suo sprovveduto consigliere, un momento di riflessione in una fase in cui si sta cercando di costruire un futuro migliore per la sanità dei cittadini calabresi. E proprio a partire da questa riflessione , il Comitato “Nino De Caro” vuole ancora dire parole di chiarezza in merito alla questione della riorganizzazione della sanità sul territorio, nuovamente oggetto di discussione in questi giorni sulle pagine dei giornali. Ai molti Soloni che albergano in circoli, sezioni di partito e comitati vari non è ben chiaro cosa si debba intendere per “ospedale di riferimento”, concetto peraltro ben specificato nel PSR approvato in Giunta regionale nella allegata Tabella A alle pagine 79 e 90. Costoro pertanto si lasciano andare alle più fantasiose formule retoriche, che mascherano, queste sì ,lo sforzo di tutelare gli interessi locali e non quelli dei cittadini, di tutti i cittadini del Tirreno cosentino. Allora si tenta di precisare una volta per tutte. Il contrassegno del “riferimento” stabilisce quale presidio deve allocare, insieme ad altri reparti e servizi, soprattutto il Dipartimento d’emergenza di I livello. Un lungo percorso normativo, non certo i comitati cittadini, ha già definito cosa sia un dipartimento d’emergenza, come va strutturato, quali siano i reparti e i servizi in esso da allocare (chirurgia, medicina, terapia intensiva coronarica, rianimazione, ortopedia e traumatologia , TC ed RMN etc), ha inoltre stabilito la necessità di una guardia attiva di 24 h su ogni unità e soprattutto la necessità di allocare tutte le unità operative in un unico stabilimento; questo per un motivo che appare ovvio anche al più sprovveduto dei cittadini, ovvero tutelare al meglio la loro salute nel momento più critico, e cioè nell’emergenza-urgenza, quando la risposta sanitaria deve essere la più completa, unitaria e tempestiva possibile. A questi saggi retori che straparlano di “intrecci armonici e sinergici tra lo spazio che si interpone tra i due presidi (?)” vorremo chiedere se riterrebbero giusto che un paziente critico, giunto in un presidio per un’emergenza medica, a seguito di gravi e sopraggiunte complicanze chirurgiche, o magari perché si scopre che quell’emergenza è di tipo chirurgico e non medica, venga poi sballottato tra un presidio e l’altro, tra un eventuale “polo medico” e un eventuale “polo chirurgico” in attesa di andare incontro magari a morte certa; ci piacerebbe sapere cosa ne pensano di una sanità così organizzata, oltre che i segretari di partiti e comitati, anche i cittadini, ultimi destinatari e spesso vittime di questa malasanità. La verità che invece occorre dire ai cittadini è che un dipartimento d’emergenza e, dunque, un ospedale di riferimento non può essere replicato a 20 Km di distanza, questo sì che sarebbe uno spreco inaccettabile. Ma soprattutto non può essere diviso, disperso e parcellizzato su due stabilimenti distanti 20 Km l’uno dall’altro, perché non lo consente la legge, ma soprattutto la ragione e il buon senso. Formule come “ospedali riuniti e di riferimento” vanno bene per un uso politico e per cavalcare spinte localistiche, checché se ne dica, ma non fanno certo il bene dei cittadini. Per queste ragioni la posizione sostenuta dal Comitato “Nino De Caro” parte dalla convinzione che è nell’interesse di tutti salvaguardare la funzione per acuti dei presidi ospedalieri pubblici, all’interno di una organizzazione in rete delle strutture, ma assegnando ad una soltanto la funzione di “ospedale di riferimento”, così come il Piano Sanitario Regionale approvato dalla Giunta prevede, ripensando anche nell’assegnazione dei posti letto la presenza del settore privato sul territorio, non certo per penalizzarlo, ma per ripristinare un giusto equilibrio. Per questo obiettivo continuerà il suo impegno con generosità, così come finora ha sempre fatto, nell’interesse di tutti i cittadini del Tirreno cosentino.



Conclusioni e Domande finali

Allo stato attuale della protesta ed in attesa di nuovi sviluppi, restano ancora molti dubbi ed interrogativi cui non è stata data risposta.
Il PSR Lo Moro, dove è scritto chiaro e tondo che il presidio di Cetraro è “ospedale di riferimento”, giace in III Commissione e non si capisce bene se e quando verrà approvato, se verrà approvato così com’è e, se no, quali saranno le modifiche apportate. Se è vero che si vuole adesso approvarlo in tutta fretta entro la fine di settembre, quale piano verrà approvato? Che fine farà la designazione dell’Ospedale di Cetraro come “ospedale di riferimento”, con tutto ciò che ne consegue? Chi e perché vuole che venga mortificata la struttura di Cetraro, oggettivamente la più idonea a fungere da fulcro della sanità sul Tirreno cosentino, contro ogni logica e contro il diritto alla salute degli utenti di tutta l’area?
Intanto la delibera 2838 del DG Petramala ha proceduto a scorporare dal presidio di Cetraro il Reparto di Ortopedia e ad accorpare i reparti di Urologia e Chirurgia, provocando un oggettivo declassamento dell’offerta sanitaria del presidio medesimo, oltre che un grave disservizio all’utenza. Utenza che viene altresì pregiudicata dall’accorpamento a Cetraro dei reparti di Ostetricia e Ginecologia dei nosocomi di Paola e Praia a mare, misura che ha creato e continua a creare quotidianamente caos e disservizi a tante gestanti. Si possono qualificare misure così incisive come meri “atti di gestione”? O non sono piuttosto atti di indirizzo politico, che si addicono piuttosto alle previsioni del Piano Sanitario?
Mentre si mettono i DG mettono le mani sulle strutture ospedaliere pubbliche, non si curano affatto di quelle private convenzionate. Nessun DG si occupa, ad esempio, di accertare i requisiti dell’accreditamento. La sanità privata convenzionata, che secondo il PSR Lo Moro dovrebbe avere un ruolo “complementare”, sembra assumere un ruolo trainante, nel senso che non sono le strutture private ad adeguarsi all’offerta sanitaria pubblica, bensì il contrario. Non è questo un assurdo rovesciamento della prospettiva? Se è vero che stanno per sorgere nuove cliniche private che vogliono l’accreditamento, come si concilia questo fatto con le razionalizzazioni della sanità calabrese e del Tirreno cosentino in particolare?
A questi e ad altri interrogativi, esplicitati o impliciti in questo dossier e nell’intera vicenda, il Comitato civico “Nino De Caro” auspica di poter dare presto una risposta.

RELAZIONE DELLA COMMISSIONE DI INDAGINE SULLA QUALITA’ DELL’ASSISTENZA PRESTATA DAL SERVIZIO SANITARIO DELLA REGIONE CALABRIA - STRALCIO

(Commissione Riccio - Serra)
Roma, 14 aprile 2008
1. PREMESSA E ASPETTI METODOLOGICI
Con Decreto del Ministro della Salute del 21 dicembre 2007 è stata istituita la Commissione incaricata di svolgere una indagine conoscitiva finalizzata a verificare la qualità dell’assistenza prestata dal servizio sanitario della Regione Calabria, nonché l’effettiva garanzia dell’erogazione, secondo criteri di efficienza ed appropriatezza, dei livelli essenziali di assistenza.
Tale decreto affida alla Commissione anche il compito di formulare proposte di interventi volti ad assicurare che il servizio sanitario della Regione Calabria sia posto in grado di garantire adeguati livelli di assistenza sanitaria.
L’istituzione di tale Commissione consegue alla dichiarazione dello stato di emergenza socio-economico-sanitaria nel territorio della Regione Calabria (di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri datato 11 dicembre 2007), nelle cui motivazioni vanno rinvenute le ragioni che hanno portato alla istituzione di detta Commissione.
In particolare, la dichiarazione dello stato d’emergenza, stabilita fino al 31 dicembre 2009, è stata adottata in relazione alla nota del Presidente della Regione Calabria datata 10 dicembre 2007, in cui si evidenziano le condizioni di debolezza del sistema sanitario regionale, come peraltro anche testimoniata da fatti luttuosi che hanno destato allarme nell’opinione pubblica, con conseguente autorizzazione – ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 2, comma 1, lett. c) e 5, comma 1, della legge n. 225 del 1992 - all’utilizzo di mezzi e poteri straordinari per il superamento della situazione di criticità al fine di assicurare la realizzazione degli interventi necessari.
Avuto riguardo ai profili metodologici, la Commissione ha proceduto alla acquisizione di ogni elemento di informazione e di valutazione utile ai fini dell’espletamento dei compiti alla stessa affidati, svolgendo altresì accertamenti diretti nelle strutture sanitarie pubbliche ed in quelle private che erogano assistenza sanitaria per conto o a carico del SSN, effettuando una serie di audizioni ed acquisendo la documentazione necessaria.
Le ispezioni condotte sulle strutture ospedaliere, a fronte della evidente impossibilità per la Commissione di procedere, con carattere di esaustività, ad una verifica puntuale ed approfondita estesa a tutte le strutture esistenti, sono state selezionate ed individuate sia sulla base di segnalazioni e notizie (ivi comprese quelle contenute nei rapporti dei NAS), sia in base ad un criterio di tipo territoriale volto ad assicurare, attraverso una equa distribuzione sul territorio regionale delle svolte ispezioni, un quadro adeguatamente rappresentativo sulla cui base poter ricostruire la complessiva situazione della sanità regionale.
All’interno delle singole strutture sanitarie oggetto di ispezione – nelle ipotesi in cui le dimensioni delle stesse non consentivano lo svolgimento delle verifiche con carattere di completezza - sono stati ulteriormente selezionati reparti e settori cui l’attenzione della commissione è stata indirizzata. Tale selezione è avvenuta sulla base della scelta di rivolgere l’attenzione, innanzitutto e in ogni caso, alle funzioni fondamentali dell’assistenza sanitaria (vedi resoconti delle visite in allegato).
Sono stati, inoltre, ispezionati ulteriori settori specifici di attività in quanto di recente sottoposti a innovazione o ristrutturazione, al fine di verificare l’adeguatezza e la correttezza degli interventi realizzati. Avuto riguardo alle audizioni, le stesse sono state effettuate nei confronti dei direttori generali in carica delle Aziende Sanitarie Provinciali ed Ospedaliere. Sono stati altresì ascoltati i commissari straordinari che hanno temporaneamente retto le Aziende Sanitarie Provinciali dopo la riorganizzazione operata con legge regionale 11 maggio 2007 n. 9, nonché altri soggetti in grado di fornire utili elementi di informazione.
La Commissione ha proceduto, inoltre, alla acquisizione ed alla disamina di materiale documentale inerente l’organizzazione del sistema sanitario regionale, sia sul piano generale che su quello più particolareggiato inerente le singole strutture. A tale proposito, va puntualizzato che la Commissione si è avvalsa della documentazione fornita dalle strutture sanitarie e dalla Regione, non avendo proceduto ad accessi diretti presso gli uffici delle stesse. Sono state, altresì, esaminate le risposte ai questionari – elaborati dalla commissione ed inerenti specifici profili di interesse – che i singoli direttori generali hanno fatto pervenire, nonché le relazioni dagli stessi redatte su richiesta della Commissione.
L’attività di verifica della Commissione si è estesa anche alle strutture private che erogano, nel territorio regionale, prestazioni sanitarie per conto o a carico del SSN. Anche con riferimento a queste, stante l’impossibilità di una verifica esaustiva sulla loro totalità, si è proceduto ad una loro selezione – analogamente a quanto riferito per le strutture pubbliche – secondo criteri di distribuzione in relazione al territorio regionale.
I lavori della Commissione si sono svolti nel rispetto delle direttive e del piano d’azione che la Commissione ha elaborato all’atto del suo insediamento, e che sono stati successivamente rimodulati nel corso dell’attività. La Commissione ha inoltre proceduto all’esame delle situazioni organizzative che producono costi evitabili, al fine di individuare azioni di razionalizzazione idonee a preservare la Sanità calabrese dallo stato di dissesto economico.
In esito agli accertamenti svolti, come sopra sinteticamente descritti, la Commissione ritiene di dover dare atto delle relative risultanze procedendo alla esposizione delle criticità emerse articolandole distintamente in relazione a singoli
profili di rilievo
OMISSIS………………………………………………………………………………………………
3. ASPETTI ORGANIZZATIVI DEL SISTEMA SANITARIO REGIONALE
3.1 La riduzione delle ASL
L’art. 7 della L.R. 11 maggio 2007 n. 9 ha disposto che le undici Aziende sanitarie locali presenti sul territorio regionale siano accorpate in cinque Aziende, che assumono le denominazioni di Aziende sanitarie provinciali, i cui territori di riferimento corrispondono alle attuali circoscrizioni provinciali.
Con legge regionale 7 dicembre 2007 n. 26, è stata disciplinata, inoltre, l’istituzione della Stazione unica appaltante (SUA), per l’espletamento centralizzato delle procedure di evidenza pubblica relative alla realizzazione di opere e lavori pubblici, all’acquisto di beni ed alla fornitura di servizi in favore della Regione, degli Enti dipendenti e vigilati, compresi gli Enti del servizio sanitario regionale.
Resta ancora da realizzare l’effettivo accorpamento delle preesistenti ASL nelle attuali ASP e di conseguenza, anche eventualmente sulla base di nuove linee guida regionali, devono essere adottati i nuovi atti aziendali, i bilanci di previsione unificati nonchè una reale programmazione e gestione delle risorse umane presenti e la riorganizzazione degli uffici amministrativi.
3.2 Il Piano Sanitario Calabria ed il riordino della rete ospedaliera
Il riordino della rete ospedaliera è una manovra da attuarsi con assoluta immediatezza, sia sotto il profilo economico che per perseguire un miglioramento della qualità del Sistema Sanitario Regionale: in tale contesto, con deliberazione n. 694 del 9 novembre 2007, è stata approvata dalla Giunta regionale la proposta di Piano Sanitario della Calabria per il triennio 2007-2009 ed il documento è stato trasmesso al Consiglio regionale unitamente alla deliberazione del 12 dicembre 2007 n. 761, concernente “Approvazione disegno di legge recante norme sulla approvazione del Piano sanitario regionale 2007-2009”, tuttora all’esame della competente commissione consiliare.
La proposta di Piano sanitario adottata dalla Giunta ha proceduto alla rideterminazione del fabbisogno di posti letto necessari per garantire lo stesso numero di ricoveri dell’anno 2006, considerando il tasso ottimale di utilizzazione dei posti letto del 75% ed un tasso di ospedalizzazione di 180 ricoveri ogni mille abitanti, come previsto nell’intesa Stato-Regione del 23 marzo 2005.
A tal fine, il Piano contempla un processo di riordino ospedaliero da realizzarsi nel termine triennale di vigenza del Piano stesso. In particolare, viene previsto che le strutture non utilizzate quali ospedali saranno riconvertite in piattaforme territoriali attrezzate per garantire un punto di primo intervento nell’ambito della rete per l’urgenza-emergenza, la diagnostica strumentale e di laboratorio avanzata, la dialisi territoriale, le attività specialistiche ambulatoriali, il day service e l’assistenza primaria territoriale (Casa della salute, UTAP, ecc.), ovvero per altre funzioni espressamente indicate.
Per le case di cura accreditate viene prevista la riconversione dei posti letto attualmente accreditati sulla base della rideterminazione dei posti letto, procedendo in via preliminare dall’attivazione dei posti letto diurni e comunque tendendo conto degli effettivi fabbisogni e dei vincoli derivanti dalla citata intesa.
Nella bozza di PSR, nel capitolo relativo al riordino della rete ospedaliera, sono previste in maniera analitica per ogni casa di cura privata riduzioni nella dotazioni di posti-letto, presumibilmente basate sull’analisi dei ricoveri effettuati negli ultimi anni, del fabbisogno reale e dell’appropriatezza delle prestazioni, che, se realizzate entro un anno, porterebbero ad una significativa razionalizzazione dell’offerta ospedaliera senza determinare danno alla popolazione e limitando i rischi di licenziamento per gli operatori del settore privato. Naturalmente bisognerà proporzionalmente ridurre il tetto di spesa sin dalla definizione dei contratti relativi al 2008.
La nuova rete ospedaliera si svilupperà sugli undici ospedali di riferimento rappresentati dalle tre Aziende Ospedaliere di Cosenza, Catanzaro e Reggio Calabria, dai nuovi presidi della Sibaritide, della Piana di Gioia Tauro e di Vibo Valentia e dai presidi di Crotone, Lamezia Terme, Locri, Castrovillari e Cetraro.
Oltre ai presidi di riferimento continueranno a svolgere funzioni ospedaliere per acuti i presidi di Praia a Mare, Trebisacce, San Giovanni in Fiore, Acri, Serra San Bruno, Soverato, Polistena, Melito Porto Salvo e, parzialmente, Cariati, Siderno, Paola e Soveria Mannelli; questi ultimi quattro presidi saranno destinati a funzioni di riabilitazione e lungodegenza riabilitativa. Saranno riconvertiti in strutture ospedaliere per l’assistenza a pazienti non acuti (riabilitazione e lungodegenza riabilitativa) i presidi di Mormanno, Soveria Mannelli (parzialmente), Soriano, Cariati (parzialmente), Siderno (parzialmente), Paola (parzialmente), Oppido Mamertina, Chiaravalle Centrale (quest’ultimo unitamente a casa della salute). Saranno riconvertiti a piattaforma sanitaria territoriale i presidi di Lungro e Mesoraca. Saranno riconvertiti in casa della salute i presidi di San Marco Argentano, Taurianova e Pizzo. Per le strutture di Pizzo e Mesoraca, ancora formalmente destinate ad ospedale, il diverso utilizzo è stato già avviato nel 2006. Viene confermata la destinazione sanitaria della struttura di Rogliano che viene trasferita all’azienda sanitaria provinciale di Cosenza. Per tale struttura, in considerazione della sua localizzazione, viene ipotizzata come preferenziale l’utilizzazione per l’erogazione di prestazioni di alta specialità anche mediante il coinvolgimento di privati.La struttura di Cassano rimarrà destinata a piattaforma sanitaria territoriale ed hospice. Nei presidi che continueranno a svolgere funzioni assistenziali per acuti e nei presidi da riconvertire in strutture di riabilitazione e lungodegenza riabilitativa è confermata la presenza della diagnostica strumentale e di laboratorio, della dialisi e delle prestazioni specialistiche ambulatoriali. Il presidio di Scilla verrà aggregato all’Azienda Ospedaliera di Reggio Calabria e diverrà sede dell’Istituto sperimentale di medicina clinica avanzata. Saranno destinati a funzioni non sanitarie l’ospedale di Gerace, Scalea, Rosarno. Per la struttura di Nicotera, sarà valutata la possibilità della sua utilizzazione per funzioni extraospedaliere previo apposito studio di fattibilità, il cui eventuale esito negativo ne comporterà la dismissione. I presidi di Palmi, Gioia Tauro, Corigliano Calabro e Rossano, dopo la realizzazione dei nuovi ospedali, saranno dismessi e destinati a funzioni diverse da quelle ospedaliere. Il complesso di Girifalco, individuato quale Centro rivolto alle Scienze Motorie d'intesa con l’Università Magna Graecia, manterrà l’attuale destinazione.
Secondo quanto previsto nella proposta di Piano, le aziende sanitarie provinciali provvederanno a perseguire il raggiungimento degli obiettivi del Piano con particolare attenzione alla creazione degli ospedali di riferimento, alla creazione della rete riabilitativa, alle piattaforme territoriali, alla Casa della salute, alla riconversione e dismissione dei presidi garantendo la necessaria contestualità degli interventi, anche allo scopo di assicurare, nel periodo di transizione, un adeguato livello di offerta (posti letto, servizi) ai cittadini.
Va ricordato, tuttavia, come in virtù del D.P.C.M. 11 dicembre 2007 e del D.P.C.M. 21 dicembre 2007, appartengono oggi alla competenza del Commissario delegato, dott. Vincenzo Spaziante, Assessore alla Sanità della Regione Calabria, gli interventi concernenti la realizzazione delle nuove strutture ospedaliere previste dall’accordo di programma integrativo sottoscritto il 13 dicembre 2007, la riorganizzazione della rete ospedaliera esistente e l’adeguamento delle strutture sanitarie alla vigente normativa in materia di sicurezza.
3.3 Considerazioni sulla bozza del Piano Sanitario Calabria
In esito alla disamina del Piano Sanitario Calabria, possono formularsi le seguenti osservazioni:
1. A fronte della notevole mobilità sia intraregionale che extra regionale, costituita per il 60% da patologie di media o bassa intensità e solo per il 7% da interventi di alta complessità, è necessario che le piattaforme di eccellenza individuate siano riprogettate tenendo conto dell’analisi dei bisogni, delle soglie operative, della necessità di integrare gli attuali erogatori e della ridefinizione del ruolo dei singoli erogatori sulla base di criteri hub e spoke. Anche la sperimentazione sulle cellule staminali pare essere un processo senza basi adeguate e probabilmente ipertrofico.
2. Un progetto di telemedicina domiciliare presuppone che sia resa funzionante la rete dell’ADI.
3. Il trauma center e la costituzione di un sistema informativo regionale appaiono invece di alto valore, a condizione che vengano rispettati i criteri di cui al punto 2. Nel caso di specie è opportuno che il trauma center sia localizzato dove già siano presenti le competenze prevalenti.
4. È necessaria l’istituzione di un CUP su base provinciale integrato con le aziende ospedaliere e con le strutture private accreditate.
5. Viene sottovalutata la gestione del Rischio Clinico anche nelle azioni programmatorie e d’intenti (si rinvia in proposito al capitolo dedicato).
6. Realizzazione di un piano di comunicazione e trasparenza volto a creare nei cittadini una nuova fiducia verso i medici di base e le strutture pubbliche.
7. Utilizzo dei mezzi contrattuali per favorire la prescrizione appropriata degli esami diagnostici attraverso lo sviluppo di forme organizzative (come ad esempio la medicina associata e la medicina di gruppo) e programmi di formazione anche al fine di creare dei Percorsi Diagnostico Terapeutici (PDT) che partano dalla medicina territoriale e giungano a più alti livelli di cura in sede ospedaliera (continuità assistenziale) su patologie frequenti e gravi quali: scompenso cardiaco, malattie respiratorie ostruttive croniche, infarto miocardico, disturbi neurovascolari, diabete tipo 1 e 2, patologie vascolari periferiche.
8. La riorganizzazione della rete regionale dell’assistenza e del soccorso d’urgenza rappresenta oggi, se possibile, la priorità tra le priorità, ed a tal fine, su indicazione della Giunta regionale e con formale nomina del Commissario delegato, è stato conferito al Prof. Franco Romeo, direttore della cattedra e della scuola di specializzazione in Cardiologia dell’Università di Roma Tor Vergata, l’incarico di coordinare le attività volte a realizzare tale progetto di riorganizzazione.
OMISSIS………………………………………………………………………………………………
10. CONCLUSIONI
Il primo dato da evidenziare è che l’attuale situazione della sanità in Calabria è il risultato di numerose concause, spesso interconnesse tra di loro e stratificate nel tempo attraversando in ugual misura le diverse gestioni politiche e amministrative . Cause diverse e numerose in cui l’elemento unificante è dato dalla “metodologia” dell’inefficienza che non si mostra sotto una veste difforme a seconda dei diversi contesti territoriali regionali ma che, al contrario, mostra similitudini nelle realtà calabresi maggiormente compromesse dando, in questo modo, uno spaccato omogeneo delle distorsioni del sistema.
Ciò non esclude che esistono esempi di buona sanità, con sporadiche punte di eccellenza, così come non si discute della competenza di moltissimi professionisti che operano negli ospedali anche con dedizione e spirito di servizio.
Tuttavia, la “metodologia” del disservizio risulta essere l’aspetto prevalente del sistema sanitario in Calabria, mostrando sempre le stesse caratteristiche di un sistema caratterizzato da debolezza strutturale in una micidiale combinazione tra governo regionale che non riesce a imporre scelte di rinnovamento, governo aziendale troppo spesso senza capacità di gestione, degrado e inadeguatezza strutturale dei presidi sanitari, disorganizzazione amministrativa e gestionale, comportamenti professionali non adeguati, che a volte può risultare fatale, e che pregiudica le esigenze assistenziali, impedisce un efficace governo della spesa e conduce a rilevanti disavanzi finanziari di cui spesso non si conosce l’effettivo ammontare.
Ciò induce a ritenere che una adeguata qualità dei servizi sanitari sia solo uno degli aspetti funzionali di un sistema in cui al primo posto va collocata la necessità di ripristinare una situazione di legalità, di rispetto di regole (in alcuni casi neanche stabilite) ove l’efficacia e l’efficienza della struttura amministrativa costituisce il primo segnale di una inversione di percorso.
In questo contesto anche la situazione di notevole disavanzo finanziario, dichiarato dalla dirigenza sanitaria ed ospedaliera (con una stima che fa ipotizzare una dimensione del deficit oramai incontrollata – si parla di circa 900 milioni di euro - e che richiederà interventi urgenti in linea con quanto previsto dal patto di stabilità), contribuisce a rendere più difficile ogni tipo di riassetto del sistema e di pianificazione delle relative spese: numerose aziende sono in costante disavanzo economico spesso provocato da una esorbitante spesa della sanità privata che in Calabria - va sottolineato - è tutta convenzionata anche perché il ripiano dei debiti riferiti alla gestione dell’anno precedente consente solo una sanatoria di quanto già effettuato. In proposito, pur esorbitando dai temi di stretta competenza della commissione, si ritiene di dover suggerire un attento esame degli assetti societari delle aziende private che potrebbe mettere in luce ciò che viene riferito come fatto notorio e cioè l’esistenza di situazioni di conflitto di interesse di chi partecipa agli utili delle predette aziende. Così il ripiano delle situazioni debitorie delle strutture convenzionate, in mancanza di un’attenta azione di programmazione che dia certezza dei fondi necessari, fanno sì che un adempimento di carattere tecnico diventi un’emergenza di carattere sociale che la Regione non può omettere di prendere in considerazione, pur costituendo ciò una forzatura delle attuali disposizioni di legge. È inutile ribadire che il fondo sanitario regionale è l’unico bacino di risorse cui attingere sia per le strutture pubbliche che per quelle private così che, ogni euro destinato alle une non è più spendibile dalle altre. Il tutto in un quadro economico-finanziario che è ben lungi dal mostrare caratteri di certezza e che anzi fa ritenere opportuna una attenta verifica finanziaria sull’effettiva entità dei disavanzi delle aziende sanitarie ed ospedaliere. L’inattendibilità del dato contabile non solo è stato stigmatizzato dalla sezione della Corte dei Conti preposta al controllo, non solo era stato denunciato in atti ufficiali da personalità della regione quali l’on.le Fortugno ma, dato ancor più sorprendente, è stato più volte riferito a questa Commissione come fatto notorio a tutti i livelli. In questo senso, si auspica che il percorso che, proprio in queste settimane, sta portando la regione Calabria ad adottare, d’intesa con il Ministero della salute ed il Ministero dell’economia e finanze, il piano di rientro, faccia chiarezza sull’effettiva entità dei disavanzi e sia rapidamente definito. Gli effetti di lievitazione della spesa sanitaria sono evidenti: la mancata negoziazione e l’inesistenza della sottoscrizione degli accordi contrattuali relativamente a volumi e tipologia delle prestazioni per soddisfare le necessità assistenziali, comporta l’erogazione di prestazioni senza alcun vincolo economico predeterminato e si traduce in un pagamento a piè di lista delle prestazioni erogate. In caso di contenzioso il danno finanziario può ancora lievitare considerato che i giudici aditi dai privati per vedersi riconoscere gli oneri delle prestazioni effettivamente erogate, spesso intimano il pagamento, aggiungendo anche le spese processuali e gli interessi maturati. Eppure la mancata sottoscrizione degli accordi contrattuali comporterebbe a monte l’assunzione di un provvedimento di ritiro dell’accreditamento da parte del Direttore Generale dell’azienda sanitaria e l’impossibilità di ottenere la remunerazione delle prestazioni assistenziali già erogate. Tali “prassi” che non fanno che incrementare di anno in anno il notevole disavanzo finanziario sono riconducibili a quella “metodologia” del disservizio che non si comprende se sia il risultato di problemi gestionali o se sia il punto di partenza da cui prendere le mosse per ottenere effetti diversi, o ancora se sia entrambe le cose. Uscendo fuori da ragionamenti astratti non è dato capire se una strumentazione TAC non venga installata in un ospedale a carattere provinciale per negligenza di chi dirige la struttura, ovvero perché comunque quella prestazione può essere effettuata altrove, possibilmente in una struttura privata, o per entrambe le ragioni.
In questo senso appare singolare la coincidenza tra reparti ospedalieri scarsamente funzionanti e cliniche private, situate a poca distanza, che operano in maniera valida sulle stesse funzioni specialistiche “disastrate” degli ospedali.
Quando poi proprio nell’ambito delle strutture private vengono commessi grossolani errori diagnostici conseguenti ad una inesistenza di percorsi sanitari per gestire l’emergenza o di linee guida operative ci si chiede su quali requisiti si fondi oggi il convenzionamento di dette strutture nell’ambito del SSR.
In questo quadro vanno lette le proposte formulate in materia di requisiti strutturali, normativi, organizzativi e di qualità nelle more di un accreditamento credibile e globale a livello delle strutture sanitarie pubbliche e private. Attualmente l’accreditamento risulta essere di carattere “temporaneo” dal 1995, nonostante che, già con deliberazione di Giunta regionale n. 133 del 1999, ne fossero stati fissati i requisiti sia strutturali che organizzativi, che salvo alcune sperimentazioni, peraltro mai concluse, non hanno registrato un’ attuazione compiuta. Invero l’incompetenza di alcuni operatori del settore si associa quasi sempre a carenze strutturali ed organizzative, all’inesistenza di procedure che possano costituire anche una garanzia per chi opera nel settore; in entrambe le direzioni non risulta che siano state adottate specifiche iniziative.
Il mandato ricevuto non consente di puntare il dito verso responsabilità ma di far sì che siano garantiti dalla sanità pubblica i livelli essenziali di assistenza e con questo spirito sono state avanzate le proposte migliorative. Tuttavia, non ci si può esimere dal formulare alcuni interrogativi raccogliendo in tal modo anche gran parte delle richieste di cui la commissione è stata investita, durante le visite in Calabria. La presenza dei commissari ha, infatti, stimolato una serie di fonti informative, spesso anonime ma ancor più spesso identificate, che hanno ritenuto opportuno denunciare mal funzionamenti del sistema sanitario regionale con annotazioni di carattere generale o specifico. Molte volte queste segnalazioni erano riferite a materie che si ponevano al di fuori del campo d’azione della Commissione, ma che al contempo non potevano essere ignorate configurando, talvolta, anche ipotesi di reato. Eppure solo gli interventi dei NAS, per il periodo che va dal 1 gennaio 2004 al 25 marzo 2008 ammontano in tutta la regione a 102 verifiche con relativi verbali di contestazione delle inadempienze riscontrate. Peraltro nelle 39 strutture ospedaliere verificate 36 sono risultate irregolari, nelle 63 strutture sanitarie (guardie mediche, laboratori di analisi, case di cura convenzionate, S.E.R.T., poliambulatori) 38 sono risultate irregolari, e le sei case di cura accreditate ed ispezionate sono risultate tutte irregolari. Sicuramente fattori oggettivi legati ai carichi di lavoro delle locali procure possano aver contribuito a produrre “tempi di reazione” eccessivamente lenti, ma resta il fatto che anche segnalazioni circostanziate dei reparti NAS dell’Arma dei Carabinieri non sempre hanno prodotto conseguenze. Il tutto in una terra a forte presenza di criminalità organizzata che fa del condizionamento ambientale una delle sue armi più insidiose e dove la sanità, secondo la relazione della commissione antimafia, rappresenta il vero “affare” della regione.
La Commissione, inoltre, ha accolto la richiesta di incontro dei familiari delle vittime degli episodi di “malasanità” in Calabria ricevendo da questi un appello accorato ad ottenere giustizia in tempi rapidi e soprattutto ad evitare che chi abbia sbagliato continui a permanere in situazioni in cui può ripetere l’errore. L’associazione dei familiari delle vittime “Comitato spontaneo delle vittime della sanità in Calabria” ha prodotto un documento di sintesi, contenente anche delle proposte operative che la commissione ha attentamente valutato, ed in alcuni casi, recepito. Gli incontri con i familiari delle vittime dei casi di malasanità hanno messo in luce come, nonostante commissioni d’indagini regionali o ministeriali abbiano accertato responsabilità professionali degli operatori sanitari, gli stessi continuino a prestare la propria attività nel medesimo posto. Anche il recente caso verificatosi a Villa Elisa, ove la commissione si è recata subito dopo la morte della donna, non sfugge alla solita logica, anche se l’assessore alla sanità ha immediatamente istituito una commissione regionale d’indagine che ha accertato gravi inadempienze,rimettendo alla valutazione del direttore generale dell’ASP i successivi provvedimenti. Alla data in cui viene conclusa questa relazione nulla è cambiato nell’attività erogata dalla casa di cura Villa Elisa. Al di là dell’intervento della magistratura è fin troppo evidente che ogni strumento idoneo all’individuazione delle responsabilità professionali è il miglior modo per aiutare la buona sanità a non essere coinvolta in un giudizio negativo generalizzato. Ma troppo spesso questa strada non viene seguita, si rinuncia ad attivare qualsiasi intervento nell’ambito del rapporto di lavoro che possa individuare le responsabilità, lasciando tutto all’esclusiva valutazione della magistratura e determinando in tal modo una situazione di inerzia e di generalizzata impunità. E’ questo un altro sintomo di un sistema che anche di fronte alla morte di bambini sembra autoassolversi. Le commissioni di disciplina ed i collegi arbitrali in molte realtà non sono state neanche costituite, eppure costituiscono organismi indispensabili per l’attivazione del potere disciplinare. Né risulta agli atti della commissione che gli ordini professionali abbiano attivato forme di autotutela nel rispetto delle norme di deontologia professionale. Anche i rappresentanti delle forze sociali confederali hanno manifestato la necessità di individuare le responsabilità individuali anche per non ricomprendere in un giudizio negativo tutti gli operatori del settore. Dal punto di vista dell’organizzazione, le proposte avanzate, nelle pagine precedenti, in tema di risk management si pongono proprio nell’ottica di ridurre il più possibile per il futuro il reiterarsi di simili eventi luttuosi.
È necessario compiere uno sforzo perché ci si avvicini maggiormente alle esigenze dei cittadini anche in relazione alla generalizzata sensazione che si è avvertita di mancanza di interlocutori da parte dei pazienti, delle associazioni ma anche dei medici e della dirigenza sanitaria. Ciò se da un lato ha prodotto quell’effetto “sfogo” poc’anzi richiamato, dall’altro ha evidenziato un problema di carattere relazionale tra medici e dirigenza ospedaliera, tra dirigenza ospedaliera e direzioni generali e tra queste ultime e la Regione, difficoltà di relazioni a cui possono essere ricondotte non poche cause di malfunzionamento. E’ necessario affrontare in futuro gli eventuali eventi avversi, con la massima trasparenza e chiarezza, senza azioni omertose o di protezione per i responsabili. Ogni evento deve essere attentamente analizzato, anche con il supporto di competenze esterne, come avvenuto in altre Regioni, per individuare le cause profonde e utilizzare le procedure migliorative e correttive disponibili, le cosiddette buone pratiche – best-practices – . I conseguenziali provvedimenti amministrativi dovranno essere tempestivamente assunti, quando necessario, da parte delle Direzioni Generali. Solo in questo modo si può tentare di migliorare il rapporto con i cittadini che, in questo momento, in alcune zone della Calabria, è caratterizzato da una profonda sfiducia.
È bene infatti sottolineare come al di là di errori medici per i quali può essere individuato un responsabile diretto, spesso vi sono dei responsabili “nascosti” nell’organizzazione o nel sistema. Cioè si può sbagliare per distrazione, dimenticanza, mancanza di cultura, violazioni di regole ma anche per mancanza di leadership, conflittualità tra colleghi, turni pesanti, mancanza di procedure centrali, mancanza di percorsi organizzativi e terapeutici precisi e condivisi, tutte circostanze che in misura diversa si è avuto modo di riscontrare in molte delle strutture ospedaliere visitate. Da questo punto di vista la Commissione ha considerato positivamente la conclusione del lungo periodo di precarietà nella direzione di numerose Unità operative, al di là ovviamente di qualsiasi valutazione sulla qualità dei singoli direttori.
Tra tutte le criticità rilevate non può non farsi specifico cenno alla allarmante circostanza riscontrata pressoché ovunque, della mancanza di un effettivo sistema integrato per la gestione di casi clinici in condizioni di emergenza, la cui soluzione è affidata all’affannosa ricerca telefonica di posti letto, senza una minima programmazione precedente! Fatto sorprendente è che frequentemente i medici d’urgenza ritengano tale modus operandi assolutamente normale e scevro da pericoli. Un valido piano per l’emergenza, tempestivamente realizzato, potrebbe costituire una valida risposta per evitare di “perdere” pazienti, magari “rifiutati”, seppur in situazioni critiche, senza che nessun provvedimento sia intervenuto nei confronti di chi non ha consentito il ricovero, violando anche le disposizioni regionali vigenti. Anche in questo contesto, è necessario ribadire che la regione Calabria potrebbe utilmente importare le pratiche migliori per la gestione dei casi in emergenza, sulla base delle esperienze disponibili in altre regioni .
La sensazione di generale impunità non esclude da tale giudizio neanche la dirigenza sanitaria: oggetto di una particolare “attenzione” nel momento della scelta, non sembra oggetto di altrettanta attenzione nel momento della valutazione e della verifica del raggiungimento degli obiettivi, che in molti casi non risultano individuati, oppure genericamente indicati in modo uguale per tutti i Direttori Generali, senza la minima ricerca di specificità.
In questo contesto è necessario considerare con la dovuta attenzione, la possibilità che la definizione del nuovo sistema di governo delle ASP preveda una maggiore responsabilizzazione della loro dirigenza, a cominciare dalla Direzione generale e dai Direttori di dipartimento, conferendo loro una responsabilità, costantemente verificata.
Un ulteriore elemento pone il tema del binomio autonomia responsabilità come il punto centrale degli indirizzi che la Regione dovrà emanare per la stesura degli Atti aziendali delle nuove ASP: la grande dimensione delle nuove aziende, che richiederà una maggiore flessibilità nella gestione e quindi anche un decentramento delle responsabilità a distretti e a dipartimenti. L’assenza di una puntuale indicazione degli obiettivi che ciascun Direttore Generale è chiamato a perseguire nelle specificità delle condizioni in cui si trova ad operare rende aleatoria e arbitraria la valutazione del suo operato. In questo senso, dovrebbe essere rivendicata come un’occasione di autotutela da parte dei Direttori Generali, contribuendo anche ad ovviare, nella chiarezza dei rapporti, all’altissimo ricambio osservato fra i DG della sanità calabrese, che mostrano una durata in carica di circa 1 anno e 7 mesi contro una media nazionale di 3 anni e 7 mesi. Proprio questa mancanza di un momento di seria valutazione della professionalità ha concorso a far sì che la Commissione Antimafia denunciasse “l’incapacità della politica ad arrivare prima della magistratura, pur disponendo di propri autonomi elementi di valutazione in grado di fargli compiere autonome scelte di trasparenza e legalità.”
La verifica, a campione, effettuata sui curriculum della dirigenza delle aziende sanitarie ed ospedaliere ha evidenziato, in alcuni casi, la mancanza dei requisiti prescritti, così come individuati dalla giurisprudenza prevalente, secondo un’interpretazione sistematica della normativa vigente. Ciò contribuisce a consolidare un sistema in cui la dirigenza apicale della sanità sembra dover possedere come requisito fondamentale “la vicinanza” alla politica, acuita da una cultura regionale che come è noto fa dell’appartenenza un elemento fortemente caratterizzante e che rende più difficile ogni cambiamento.
In materia di appalti di beni e servizi, che come è noto rappresenta per la criminalità organizzata un collaudato settore di appropriazione indebita di risorse pubbliche, bisogna evidenziare come la stazione unica appaltante, seppur istituita da tempo, non sia ancora operante, e come l’istituzione delle nuove ASP non abbia ancora prodotto la riunificazione effettiva degli uffici amministrativi e contabili. Il settore degli appalti potrebbe, per rilevanza, costituire una delle prime leve su cui intervenire per eliminare gli sprechi ed evitare, attraverso apposite clausole di esclusione nei capitolati, la presenza in ditte esterne, a cui viene affidato l’appalto, di soggetti vicini alla criminalità organizzata.
In questi casi la regione potrebbe emanare una direttiva alle varie aziende ospedaliere e sanitarie che escluda la validità della clausola sociale (che impone al vincitore del nuovo appalto, di utilizzare lo stesso personale della ditta precedente), nei casi in cui si sia in presenza di personale in qualche modo legato al mondo della criminalità, o sottoposto all’azione penale. Potrebbe poi verificarne la sua attuazione, magari legandola all’erogazione dell’indennità di risultato dei direttori generali. L’attività recentemente espletata da alcuni direttori generali e le iniziative assunte o in via di definizione in materia di appalti, “sconvenzioni” di aziende private, adeguamento ai rilievi dei NAS, sanzioni disciplinari, sembrano far sperare nella possibilità di un cambiamento. Ma non possono costituire solo dei casi isolati.
Le soluzioni individuate ed i risultati positivi ottenuti dovrebbero essere efficacemente pubblicizzati anche attraverso convegni o conferenze delle migliori pratiche e comunque messi in rete in modo da creare attenzione ed aspettative anche nei confronti dei buoni esempi di sanità. I riflettori oggi puntati su questo territorio possono, infatti, favorire una inversione di tendenza verso scelte di maggior coraggio finalizzate a dare efficienza al sistema sanitario regionale.
In questo quadro va sottolineato la stretta collaborazione da subito instauratasi tra questa Commissione e l’Assessore alla sanità della regione Calabria che ha reso possibile l’immediata attuazione di idee comuni anche attraverso l’utile avvio, da parte dell’assessore, di incontri settimanali con i vertici delle aziende sanitarie e ospedaliere in cui dare direttive e verificare i progressi delle singole realtà.
A titolo esemplificativo di questa collaborazione si richiamano le iniziative assunte in materia di avvio delle negoziazioni con le Case di cura private; di copertura delle carenze d’organico dei presidi ospedalieri attraverso l’autorizzazione di 80 concorsi; dell’inizio di una complicata attività di accertamento dei disavanzi finanziari riferiti agli esercizi pregressi; del potenziamento tecnologico e l’ammodernamento del sistema informativo delle strutture ospedaliere nonché la realizzazione di reti di comunicazioni per l’emergenza sanitaria.
Bisogna partire dalla convinzione che non è più possibile rincorrere gli eventi specie in un settore, quale quello della sanità, dove un errore, un’inefficienza, una disorganizzazione può immediatamente tradursi in un fatto luttuoso. Occorre pianificare e individuare, con la normale diligenza da richiedere ad una dirigenza che possa fregiarsi di questo nome, quali siano gli anelli deboli del sistema ed assumere le conseguenti iniziative. Bisogna dare atto all’attuale assessore alla sanità, peraltro non adeguatamente supportato da una valida struttura organizzativa (anche l’ultimo direttore del dipartimento ha recentemente rassegnato le dimissioni) che sul piano della programmazione sta cercando d’invertire il “senso di marcia” della sanità calabrese. La recente istituzione del centro regionale del rischio clinico e la sicurezza del paziente, rappresenta il segnale più evidente di un intensa attività di collaborazione con l’assessore che si è instaurata fin dall’inizio dell’attività della commissione, nella convinzione che il lavoro di verifica fosse finalizzato a migliorare da subito le condizioni della sanità in Calabria. Anche perché molte criticità rilevate, se da un lato avevano un’evidenza macroscopica, dall’altro avrebbero potuto essere superate in tempi brevi con strumenti aziendali, senza richiedere necessariamente un intervento esterno. Un riferimento esemplificativo in tal senso può essere quello relativo al reparto di dialisi dell’ospedale di Melito Porto Salvo le cui condizioni agghiaccianti del 29 gennaio apparivano migliorate, seppure ancora non soddisfacenti, il 19 marzo grazie a pochi ed economici interventi che gettano una grande ombra sulla capacità di chi nel corso di questi anni ha gestito la struttura e più in generale su come siano state impiegate le risorse assorbite dalla sanità in questa parte della regione. Per questo il recente scioglimento della ASP di Reggio Calabria non ha destato nella commissione particolare meraviglia. Sempre in materia di condizionamenti, pur ponendoci certamente al di fuori del mandato di questa commissione, si ritiene di dover segnalare, ai fini di un attento monitoraggio, il funzionamento dei Dipartimenti della prevenzione nelle diverse province della Calabria, in quanto proprio le competenze in materia veterinaria, alimentazione, sicurezza sul lavoro, invalidi civili costituiscono uno snodo essenziale per il “controllo” del territorio. Altre iniziative devono essere finalizzate ad eliminare quel legame innaturale tra politica e gestione amministrativa che oggi va ben oltre quanto voluto dalla legge e che sembra lasciarsi sedurre dalla grande tentazione di spingersi fino a condizionare scelte che invece devono basarsi sulle capacità professionali di chi deve garantire la salute dei cittadini.
Devono essere razionalizzate e semplificate le procedure che oggi consentono l’immissione in servizio di nuovi primari solo dopo aver attenuto una serie di autorizzazioni da parte della regione, così vanno semplificate le numerose autorizzazioni regionali, necessarie per rendere operativi locali ristrutturati, già preventivamente autorizzati in fase di progetto e collaudo. Per quanto riguarda l’assunzione dei primari l’ulteriore fase autorizzatoria prevista nel momento dell’immissione in ruolo dei vincitori di concorso, oltre ad apparire come un eccessivo appesantimento procedurale, fa sorgere sospetti circa una volontà di controllo che vada oltre quello di una valutazione dei bisogni delle singole aziende, già garantita nelle precedenti fasi autorizzatorie. È necessario sgombrare il campo dal sospetto che certe disposizioni siano vigenti per consentire una ingiustificata immissione nelle scelte del personale medico, e quindi eliminare la tentazione di poter trarre vantaggio da chi per professione è chiamato ad instaurare un legame particolarmente stretto con i propri clienti/pazienti. Ipotesi che, per quanto infondate, destano sospetto per il solo fatto di poter essere formulate. Più in generale si tratta di assumere iniziative che non possano avere letture diverse da quella della ricerca dell’efficienza. In sostanza è necessario mettere da parte la ricerca continua del consenso politico, ed attuare i cambiamenti spiegando e comunicando alle comunità locali le finalità e le ragioni delle singole scelte. Così come bisognerebbe ripensare al rapporto esistente con l’unica Università della Calabria che attraverso protocolli d’intesa eccessivamente sbilanciati a favore dell’Università condizionano le scelte organizzative fondamentali della Mater Domini e non assicurano prestazioni assistenziali adeguate all’impegno finanziario previsto.
Il nuovo piano sanitario contiene un serio elenco di impegni per il miglioramento della qualità delle cure, di non facile attuazione nel breve periodo tra i quali le necessarie ed opportune proposte di soppressioni, accorpamenti, riconversioni di strutture ospedaliere: in tal senso, tuttavia, è necessario che sia definito un piano di attuazione di quanto previsto per indicare i tempi di realizzazione delle singole misure, individuarne dei responsabili per l’attuazione e affidare il momento di verifica a soggetti terzi.
Occorrerà spiegare ai cittadini che bisogna razionalizzare le risorse, anche attraverso la chiusura di ospedali, nei quali oggi anziché curare patologie acute si eroga assistenza agli anziani. Così come è necessario far capire che è preferibile puntare su una struttura ospedaliera di buon livello rispetto a due o tre strutture che non erogano servizi in sicurezza perché, ad esempio, hanno una TAC ma non una chirurgia, hanno servizi di medio-alto livello di cure ma non una rianimazione. E’ indubbio che sarà necessario prevedere un’ informazione intensa per i cittadini, gli operatori, gli amministratori. Anche un sistema razionale ed efficiente di trasporto dei pazienti in emergenza-urgenza potrà sicuramente aiutare il processo. Questo solleva la delicata questione delle relazioni fra Regione, Aziende Sanitarie e istituzioni locali. Senza la convinta partecipazione delle Istituzioni Locali non è possibile condurre a termine politiche di riordino e di razionalizzazione della rete ospedaliera, sviluppando i servizi territoriali necessari per sostituire le funzioni ospedaliere soppresse, sia in quanto i Comuni sono titolari di importanti funzioni sociali complementari e sinergiche a quelle sanitarie, sia perché i Sindaci hanno un ovvio, legittimo interesse alla accessibilità ai servizi sanitari da parte della popolazione da cui sono stati direttamente eletti. Le Regioni hanno sviluppato forme diverse di relazione, rielaborando le indicazioni del d.lgs. 229/99 relative alla funzione delle Conferenze Sanitarie Territoriali, con risultati non sempre soddisfacenti. Questo rapporto, complesso in sé, appare particolarmente difficile in Calabria, in relazione ai fenomeni di infiltrazione che hanno portato allo scioglimento di alcuni Consigli Comunali.
La commissione è consapevole che il sistema sanitario in Calabria non può essere sanato nel giro di pochi mesi. Nel quadro disponibile di strumenti programmatori, pur in assenza di un atto formale da parte della regione che recepisca la proposta di PSR e che nei fatti non può non indurre una riflessione sulla effettiva volontà politica di procedere, ci si potrà comunque muovere per settori, ed in questo senso l’adozione di un piano dedicato all’emergenza che affronti in primo luogo la riorganizzazione (e, in molti casi, la costruzione fisica ed operativa) del Pronto Soccorso, inclusi i suoi rapporti coi servizi ospedalieri da un lato e con quelli territoriali dall’altro, rappresenta, se possibile, la priorità tra le priorità. La recente approvazione del piano delle emergenze, di cui peraltro si conosce solo ciò che ha riportato la stampa, costituisce la prima occasione concreta per procedere in modo diverso dal passato, individuando da subito chi sarà responsabile dell’attuazione ed i tempi della stessa.
È questa la strada maestra da intraprendere per riportare il sistema sanitario regionale a livelli di adeguatezza senza dover ricorrere a misure di gestione straordinaria dell’intero settore che pure, al momento, non possono escludersi dal novero delle proposte di carattere generale che si ritiene di dover avanzare al Ministro della Salute per superare quella che oggi continua a presentare tutti i contorni di una emergenza. Lo stato di emergenza socio-assistenziale è già stato accertato, ed attiene prevalentemente alla razionalizzazione della rete ospedaliera e alla costruzione di quattro strutture.
L’estrema frammentazione della rete ospedaliera, inadeguata ed insufficiente per alcune parti del territorio regionale che rimangono completamente sguarnite rispetto all’erogazione delle prestazioni sanitarie ordinarie o d’urgenza, risulta aggravata dalla carente condizione dei collegamenti stradali, che rende ancora più complicato il trasporto d’urgenza, già difficile in condizioni di normale viabilità per l’assenza di un sistema integrato per la gestione dei posti letto, in particolare per le emergenze. E questa è sicuramente una priorità sia pure strettamente collegata con la costruzione di nuove strutture. Rimane fuori dallo stato di emergenza e dagli strumenti che le sono propri la gestione ordinaria del sistema sanità, su cui è necessario operare una netta inversione di rotta, anche perché i documenti disponibili registrano in modo chiaro una valutazione negativa nell’erogazione dei livelli essenziali di assistenza che le verifiche effettuate dalla commissione hanno largamente confermato, a volte con elementi di valutazione ancor più negativi. In tal senso l’ulteriore considerazione che la gran parte della mobilità passiva della Regione Calabria è per prestazioni di livello medio-basso, determina la consapevolezza che la mobilità è legata non solo e non tanto a interventi chirurgici di alta specializzazione, ma anche a normali percorsi diagnostico-terapeutici. Tale ultima considerazione associata a quella dell’esistenza di un notevole disavanzo finanziario non possono escludere l’intervento sostitutivo dello stato nelle forme previste dal nuovo titolo V della costituzione, e dalle leggi finanziarie per gli anni 2005 e 2006, considerato che la capacità della struttura amministrativa di attuare un progetto di modifica dell’esistente appare oggi insufficiente anche in considerazione delle attuali dotazioni e competenze del personale che fa capo all’assessore alla Sanità della regione Calabria al quale va, comunque, riconosciuto lo sforzo, anche sulla spinta delle indicazioni giunte dalla magistratura, di cercare di rifondare una struttura di management che non sia coinvolta in discutibili gestioni del passato. La coincidenza personale, in questo momento storico, tra l’assessore alla sanità della regione Calabria e il commissario straordinario per l’emergenza sanitaria di nomina governativa, consente di intraprendere iniziative che fuoriescono dal concetto di ordinaria amministrazione e che possono dare un importante contributo alla soluzione di problemi, specie di carattere organizzativo, anche avvalendosi del nucleo di personale previsto dall’art 3 dell’OPCM 3635/2007.
Per dare un contributo concreto all’opera di “ricostruzione” appena avviata la commissione ha dedicato un paragrafo della relazione di alcuni interventi più urgenti, indicandone le finalità e, ove possibile, i tempi di realizzazione . Se non si riuscirà ad assumere iniziative di rottura rispetto al passato fatalmente si permarrà nella situazione fotografata dalla Commissione Antimafia del parlamento che crudamente individua “una politica che ha perso autonomia e trasparenza per dipendere, essa stessa, dallo scambio tra gestione della spesa sanitaria e consenso che rappresenta il punto più alto del degrado politico e morale che investe la Calabria.”

domenica 7 settembre 2008

Il caso Cetraro (Dossier): cronaca di un fatto inspiegabile

Stiamo ai fatti ed ai documenti ufficiali.
Il Caso Ospedale di Cetraro nasce con la delibera 2838 del 14 luglio 2008, emanata dal DG dell’ASP di Cosenza, Franco Petramala.
In quel momento Cetraro si accorge che, mentre il PSR individua nel suo presidio ospedaliero “l’ospedale di riferimento”, la predetta delibera del DG dell’ASP di Cosenza amputa l’Ospedale di Cetraro dell’importantissimo e glorioso Reparto di Ortopedia, ponendo in essere altri accorpamenti che, di fatto, pongono le basi per il suo smantellamento. Un fatto assurdo!
Facciamo qualche passo indietro.
L’ex Ass. regionale alla Sanità della Giunta Loiero, Doris Lo Moro, dopo approfondite analisi sul campo, appronta il Piano Sanitario Regionale 2007-2009 (di seguito PSR Lo Moro). Esso viene approvato dalla Giunta regionale con delibera n. 694 del 09/11/2007 ed approda nella III Commissione (Sanità) del Consiglio Regionale come proposta di legge n. 254/08 ed è tutt’ora in attesa di essere approvato dall’Assemblea regionale, dopo eventuali ma non sostanziali modifiche. Infatti è logico che il PSR elaborato dall’Assessore competente ed approvato dalla Giunta regionale venga approvato anche dal Consiglio regionale senza grossi stravolgimenti.
Il PSR Lo Moro contiene un criterio di razionalizzazione chiaro delle strutture sanitarie esistenti nella Regione, che consiste nella individuazione di 11 ospedali cosiddetti “di riferimento”. Tale criterio viene enucleato ponderando su una serie di dati oggettivi (posizione dei presidi, capacità degli stessi, allocazione dei DEA, cioè i dipartimenti di emergenza, ove è altresì presente la Rianimazione, ecc.). La razionalizzazione viene effettuata sulla base della divisione del territorio regionale in 11 aree, corrispondenti a quelle che, fino alla L.R. 11 maggio 2007 n. 9 (Legge di bilancio regionale 2007), erano le 11 ASL della regione, attualmente accorpate in 5 ASP (Aziende Sanitarie Provinciali), corrispondenti appunto ai territori delle 5 provincie calabresi.
Nel PSR Lo Moro, dunque, Cetraro viene indicato come “ospedale di riferimento”, cioè come quella struttura che, nell’area del Tirreno cosentino, deve fungere da fulcro dell’offerta sanitaria.
Tale PSR viene valutato positivamente anche nella Relazione della Commissione Riccio-Serra, istituita con Decreto del Ministro della Salute (On. Livia Turco) il 21 dicembre 2007, al fine di indagare sulla disastrata realtà sanitaria calabrese. La predetta Relazione (datata 14 aprile 2008) ritiene valido l’impianto del PSR Lo Moro anche se, nel frattempo, per ragioni essenzialmente di bilancio, la Regione Calabria ha proceduto ad accorpare le 11 ASL in 5 ASP.
Mentre in III Commissione si discute o si dovrebbe discutere della approvazione del PSR Lo Moro, senza variazioni rilevanti, inizia un vero e proprio assalto contro questo PSR.
L’assalto oltretutto viene condotto in maniera occulta in sede politica e viene altresì anticipato attraverso atti e provvedimenti amministrativi adottati dai DG, come la delibera 2838 dimostra.
Ed, in effetti, Cetraro è vittima di questo assalto. Infatti la delibera 2838 del 14 luglio 2008 del DG dell’ASP di Cosenza Petramala, nell’effettuare una “Riorganizzazione urgente dei presidi ospedalieri”, spoglia l’Ospedale di Cetraro del Reparto di Ortopedia, accorpandolo all’omologo reparto presso l’ospedale di Paola; inoltre accorpa, all’interno dello stesso ospedale di Cetraro, i due reparti di Urologia e di Chirurgia.
Tale provvedimento, peraltro emesso in non meglio specificate condizioni di necessità e di urgenza ed in via temporanea, pone in essere non un mero atto di gestione, ma attua piuttosto un indirizzo politico, che non è nei poteri di un DG, ma spetta al Consiglio Regionale stabilire attraverso l’approvazione del PSR. Il DG Petramala ha così esautorato le prerogative politiche del Consiglio Regionale, probabilmente con l’avallo della politica regionale, di solito molto gelosa delle sue prerogative.
Fa riflettere anche il fatto che nessun esponente politico di nessun colore abbia pubblicamente preso posizione contro simili delibere. Nessun consigliere regionale di maggioranza ha difeso il PSR Lo Moro, spingendo per la sua approvazione così com’è. Nessun consigliere di opposizione ha cavalcato le proteste contro le delibere dei DG. Tutto ciò lascia pensare che ai DG sia stata data dai politici una sorta di “licenza di uccidere”. Il “lavoro sporco” lo fanno i DG, di concerto con la politica regionale; così la gente se la prende con i DG, mentre i politici dicono di non c’entrar nulla e possono andare nelle piazze a giustificarsi e a placare gli animi, ove necessario.
Il provvedimento del DG Petramala è sbagliato nel metodo e nel merito e non è affatto detto che, quanto meno sul Tirreno cosentino, realizzi dei risparmi di spesa.
Il metodo è sbagliato perché, dalla sera alla mattina, senza interpellare nessuno, quando ancora è in discussione il PSR Lo Moro, pone in essere atti di indirizzo politico, perché tali sono gli accorpamenti, le razionalizzazioni e le riorganizzazioni. E’ un metodo che contrasta anche con le indicazioni provenienti dalla Relazione Riccio-Serra. Tanto più che quella relazione riscontrava, in taluni curricula dei DG in carica, la mancanza dei requisiti di legge per ricoprire la carica; sicchè ogni loro provvedimento è, prima ancora che illegittimo, anche inopportuno.
Nel merito è altrettanto sbagliato perché genera disservizi gravi, contro i quali molti utenti hanno presentato numerose denuncie presso Carabinieri e Polizia di Stato. Per non parlare del fatto che la cosiddetta razionalizzazione della sanità sul territorio non tocca affatto le strutture private convenzionate, ed anzi circolano voci su futuri nuovi accreditamenti.

L'intero Dossier composto da 64 pagine con documenti originali in fotocopia è disponibile presso questo Comitato, chiunque voglia visionarlo può farne richiesta su questo Post lasciando la propria mail.

sabato 6 settembre 2008

IL COMITATO "NINO DE CARO" PROTESTA IN CATENE DAVANTI L'OSPEDALE

Discorso tenuto dal portavoce del Comitato civico “Nino De Caro” nel Consiglio Comunale aperto in Piazza del Popolo a Cetraro il 6 agosto 2008.

Siamo qui stasera, come eravamo sul piazzale dell’Ospedale di Cetraro la mattina del 31 luglio e quella del 25, per portare avanti una causa giusta e protestare contro atti ingiusti, adottati contro ogni logica, contro il buon senso, contro la decenza.
Il padrone Petramala, per citare la severa ed accorata omelia di Don Ermanno Raimondo, si crede padrone assoluto dell’ASP. Egli non ascolta nessuno, non si preoccupa di sentire cosa hanno da dire gli utenti, coloro che quotidianamente si curano nei vari presidi ospedalieri della provincia, nè coloro che in essi lavorano.
Un proverbio dice che se tutte le tazze hanno problemi con la teiera, il problema è la teiera e non le tazze. Fuor di metafora: se tutti i presidi ospedalieri hanno problemi con il Direttore Generale, questi è il problema, non c’è dubbio!
Né si possono liquidare sempre queste proteste come meschine questioni di campanile, tanto più che Cetraro non vuole togliere niente a nessuno ed dialoga con le altre Comunità del comprensorio, come dimostra l’incontro di lunedì scorso tra questo nostro Comitato civico ed il suo omologo paolano, il Comitato Bonavita.
Anche efficienza ed economicità, parole utilizzate per giustificare simili provvedimenti, sono formule vuote di significato. L’economicità di certe operazioni è tutta da dimostrare nei fatti e magari da sottoporre alla verifica della Corte dei Conti. Quanto all’efficienza, anch’essa da dimostrare in concreto, ci piace citare ancora Don Ermanno: l’ospedale efficiente è quello dove ti chiudono la porta in faccia e ti dicono che lo sportello è chiuso!
Il padrone Petramala non si smuove davanti a niente e nessuno. Non ha dubbi neppure di fronte a persone perbene che intraprendono civilissime forme di protesta, degne di alte cause, come questa, che riguarda un diritto costituzionale: la salute.
Ma il padrone dell’ASP è vassallo del potere politico, è vassallo vostro, di voi politici regionali, voi siete i padroni di Petramala, a voi tocca fermarlo!
I cittadini non votano i Direttori Generali, votano i politici e le responsabilità dei politici in questa catastrofe devono venire fuori, affinchè i cittadini possano regolarsi di conseguenza.
Non ci bastano le espressioni di solidarietà e le generiche e comode vicinanze umane, politiche ed istituzionali. Meno che mai ci appagano le gravi omissioni di troppi politici mandanti o complici di questi disegni. Ancora di più ci indignano le prese di posizioni di certi altri politici, che predicano lacrimando come coccodrilli sulla dolorosa necessità dei tagli alla dispendiosa sanità pubblica, che guarda caso va a vantaggio della ancor più scialacquatrice congrega delle cliniche private!
Che cosa vogliamo? Vogliamo coerenza. Coerenza tra ciò che si dice e ciò che si fa, tra ciò che si predica e ciò che si razzola, tra ciò che si scrive nei piani sanitari e ciò che si fa nei provvedimenti dirigenziali!
Il Direttore Generale smantella di fatto, con semplici atti burocratici, un ospedale che a tutt’oggi nel piano sanitario regionale viene indicato come ospedale di riferimento della zona, un piano sanitario ancora giacente in commissione, ma approvato in giunta regionale e già concordato e deliberato da tutti i sindaci del Tirreno cosentino.
Ebbene, noi vogliamo la revoca immediata della delibera 2838 del 14 luglio 2008 e di tutti i conseguenti atti esecutivi!
Ancora e soprattutto vogliamo il rispetto di quel piano sanitario regionale approvato in Giunta regionale e che questa delibera del DG contraddice platealmente!
Le cose tornino subito com’erano! Ripartiamo da quel piano sanitario. A bocce ferme discuteremo e decideremo insieme il da farsi: queste sono le giuste forme di una moderna democrazia partecipata, questo è lo spirito della Costituzione e delle leggi della Repubblica, non viviamo grazie a Dio in un sultanato, non in una monarchia assoluta, né in una dittatura sudamericana. Oppure ci sbagliamo?
E se c’è un giudice a Catanzaro, anche l’annunciato ricorso al TAR potrebbe fare giustizia di un atto illegittimo nella forma e nella sostanza.
Sentiamo pontificare i leader politici regionali di rinnovamento, di partecipazione, di svolte, di colpi d’ala. Gli chiediamo: è rinnovamento mettere a capo di un’ASP un signore di oltre 70 anni, un dinosauro della politica regionale? E’ partecipazione procedere ad accorpamenti, tagli e soppressioni senza ascoltare nessuno? E’ una svolta utilizzare questi metodi e fare scelte irrazionali anche nel merito? E’ questo il vostro colpo d’ala? A noi sembra più un colpo di stato!
Il Comitato “Nino De Caro” nasce per spazzare via e sbaragliare il torpore di tutti: il sonno del popolo, le timidezze della politica, le reticenze dei sindacati, il silenzio dell’informazione.
La congiura del silenzio su questa protesta, di cui vorremmo conoscere i mandanti, è incredibile e scandalosa. Ogni fatto o evento, anche il più banale, viene messo in onda dal telegiornale regionale della Calabria, ma non la notizia di un gruppo di persone incatenate e a digiuno.
I soci del Comitato civico hanno deciso di portare avanti una battaglia di civiltà, con mezzi e forme di lotta altrettanto civili, che non hanno finora arrecato danno alcuno soprattutto agli utenti, ai malati e alle loro famiglie.
Forme di lotta, dicevo, civili, ma ferme, che devono disturbare e interrogare le coscienze. Ammesso che esistano ancora persone con una coscienza e soprattutto politici.
Ma forse qualcuno preferirebbe lotte più dure. Forse vorrebbe indurci all’inciviltà, a perdere le staffe. Per poi magari fermarci, facendoci incappare nell’ennesimo processo penale ed usare finanche i manganelli contro persone pacifiche e perbene, come purtroppo è già successo in questo nostro Paese. Sia più saggio questo qualcuno e non sottovaluti la rabbia dei giusti.
Che cosa dobbiamo fare per avere le vostre attenzioni, signori politici e burocrati regionali? Ma in che paese viviamo, che istituzioni e che interlocutori sono quelli che non corrono da cittadini incatenati a chiedergli: ma voi perché fate questo? Che possiamo fare per risolvere il problema?
E invece no. C’è ilarità, perché questo paese è come il Titanic, che affonda mentre l’orchestrina suona e tutti ballano contenti!
Politici e burocrati che ridete delle nostre proteste, reputandoci buffoni e pagliacci, guardateci in faccia: sono forse le nostre facce da buffoni? Guardate la faccia dei vostri cittadini elettori, hanno forse la faccia dei pagliacci? O forse smettono di essere pagliacci solo ogni cinque anni, quando ci sono le elezioni?
Sembra che in colloqui più o meno riservati il Direttore Generale dica risolutamente: io vado avanti come un treno! Ebbene il treno lo dobbiamo fermare, questo treno si deve fermare alla stazione di Cetraro!
Sentiamo dire che le guerre non si combattono senza soldati. Ci permettiamo di aggiungere: neppure senza buoni generali! Sindaco, amministratori di Cetraro, ecco il nostro esercito, ecco l’armata cetrarese, ecco qui la falange e la legione: abbiate il coraggio di assumerne il comando e vedremo che insieme nessuna guerra sarà persa.
Grazie a tutti. Agostino Vattimo (portavoce Comitato civico “Nino De Caro”)